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Comitato Scientifico - Roma 09.11.2020

 

I nuovi Decreti Sicurezza.

 

di Avv. Manuela Agnitelli, Avv. Andrea  Balducelli, Avv. Annalaura Carbone, Avv. Roberto Maria Meola.

 

 

 

 

 

- I -

 

D.L. 130/2020 Art. 4 comma 5 e comma 6

 

in riferimento all’art. 9 ter L. 91/92

 

Riduzione del termine per la concessione della cittadinanza italiana da 48 a 36 mesi

 

Avv. Roberto Maria Meola

 

 

 

La L. 5 febbraio 1992 n. 91 è la legge che attualmente disciplina il diritto all’acquisto della cittadinanza italiana e dunque europea, e detta la procedura per il riconoscimento della stessa .

 

Il termine per la conclusione del procedimento ai sensi dell’art. 3 del DPR 362/1994 era di 730 giorni, ovvero due anni; successivamente, verificato che la media per la conclusione della procedura era talora anche superiore ai quattro anni, è intervenuto il c.d. “Decreto sicurezza ed immigrazione”, ovvero il D.L. 113/2018 che ha introdotto nel testo della L.91/92 l’art. 9-ter per cui il termine veniva ampliato a 48 mesi sia per la concessione della cittadinanza per residenza che quella per matrimonio e con efficacia retroattiva, così investendo la totalità delle domande pendenti alla entrata in vigore della norma citata e della conseguente legge di conversione.

 

Lo scorso 22 ottobre 2020, con la pubblicazione del nuovo Secreto Sicurezza ed Immigrazione, è stato introdotta la previsione di cui all’art. 4 del D.L. 130/2020 citato; l’articolo in commento, rubricato “Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione” al comma  5 prevede che :

 

“Alla  legge  5  febbraio  1992,  n.  91,  l'articolo  9-ter  È sostituito dal seguente:  «1. Il termine di definizione dei procedimenti di cui agli articoli 5  e  9  È  fissato  in  massimo  trentasei  mesi  dalla   data   di presentazione della domanda.». “

 

Dunque il termine è stato ridotto.

 

Ciò che è da notare è che il successivo comma 6, pur se erroneamente riferendosi al comma 4 in ragione del già citato comma 5 (refuso che dovrà necessariamente essere corretto in sede di conversione), chiarisce come le domande di cittadinanza presentate in data antecedente l’entrata in vigore della Legge di conversione del Decreto in commento, debbano essere gestite secondo la previgente formulazione e per converso la nuova tempistica sia riservata esclusivamente a quelle presentate successivamente a tale data.

 

Non va dimenticato che unitamente alla Cittadinanza italiana viene conferita, automaticamente, la Cittadinanza europea che comporta, unitamente al diritto di elettorato attivo e passivo per le istituzioni europee elettive, la libertà di stabilimento e di movimento all’interno dell’area Shengen dei cittadini dell’Unione Europea, nonché la facoltà di avvalersi delle Rappresentanze diplomatiche e consolari diffuse nel mondo dell’Unione europea e di tutti gli Stati membri della stessa.

 

 

 

- II -

 

D.L. 130/2020

 

 modifiche al d.lgs. 286/98

 

 art. 19 (divieti di espulsione e di respingimenti e disposizioni inerenti le categorie vulnerabili) ed art. 5 comma 6 (permesso di soggiorno)

 

modifiche AL d.lgs. 25/08, art. 32.

 

Avv. Annalaura Carbone

 

 

 

Una delle novità introdotte dal Decreto legge in commento – che desta notevole interesse, in considerazioni dei diversi scenari che si potrebbero realizzare di qui in avanti – è senza alcun dubbio la modifica dell’art. 19 del D.lgs. 286/98.

 

Dopo il comma 1 del suddetto articolo, che disciplina il divieto di espulsione e di respingimento verso uno Stato in cui lo straniero può essere oggetto di persecuzione per motivi di sesso, razza, lingua, cittadinanza, opinioni politiche ovvero condizioni personali o sociali, è inserito il comma 1.1. con la previsione del divieto di espulsione, respingimento o estradizione  di una persona “verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti”, tenendo anche in considerazione se, nello Stato di origine, vi siano sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani.

 

È necessario, altresì, valutare se l’allontanamento dal territorio nazionale possa comportare la violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, salvo ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblica. A tal fine, dovranno essere considerati i seguenti indici: la natura e l’effettività dei vincoli familiari dell’interessato, il suo effettivo inserimento sociale in Italia, la durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine.

 

Da quanto esposto, emerge con chiarezza la volontà del legislatore di voler sostanzialmente rievocare la vecchia protezione umanitaria – precedentemente riconosciuta ai sensi del combinato disposto dell’art. 5 comma 6 e dell’art. 19 d.lgs. 286/98 e abrogata dal Decreto sicurezza – allargando, peraltro, gli ambiti di applicazione. E ciò si evince, a rigor di logica, anche dalla modifica attuata all’art. 5 comma 6, laddove si prevede che il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possano essere, altresì, adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, “fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”. Quest’ultima aggiunta rappresenta, pertanto, un’evidente presupposto per l’applicazione del nuovo art. 19.

 

Dopo la sostituzione del comma 1.1 dell’art. 19 è inserito il comma 1.2. che stabilisce che in caso di rigetto della domanda di protezione internazionale, in  presenza dei presupposti previsti dai commi 1 e 1.1 (sopra elencati), la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale.

 

È opportuno specificare che la competenza della Commissione territoriale competente al riconoscimento della protezione internazionale alla trasmissione degli atti al Questore è legata essenzialmente al fatto che non esiste una “domanda autonoma” di protezione speciale. Ma, con la medesima domanda – e quindi mediante la compilazione del modello c3 presso la Questura competente – lo straniero manifesta la volontà di ottenere una forma di protezione (status di rifugiato, protezione sussidiaria o protezione speciale) individuata, a seguito dell’audizione personale del richiedente asilo, dalla Commissione.

 

L’incisività della nuova norma si percepisce, altresì, dalla previsione dell’obbligo della Questura di concedere il permesso per protezione speciale – previo parere della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale – tutte lo volte in cui non sia possibile concedere uno specifico permesso di soggiorno richiesto dallo straniero, ma vi siano i presupposti per concedere la forma residuale di protezione, caratterizzata dalla protezione speciale.

 

Ed infine, al comma 2 dell’art. 19 lett. d-bis – che disciplina i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per cure mediche – le condizioni di salute di particolare gravità, sono state sostituite da gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie, allargando, anche qui, i margini di valutazione. 

 

È d’uopo esaminare, per completezza di esposizione, il nuovo permesso per protezione speciale, in considerazione della modifica dell’art.32 del d.lgs. 25/08 che disciplina l’attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

 

Ebbene, il comma 1 bis dell’art. 32 succitato è stato abrogato. Quest’ultimo prevedeva una sorta di procedura accelerata per il richiedente asilo dinanzi alla Commissione territoriale competente al riconoscimento della protezione internazionale, in caso di condanna o procedimenti penali in corso con successivo ordine di lasciare il territorio e pedissequa espulsione dello straniero, in caso di rigetto della domanda di protezione. 

 

Al comma 3 del suddetto articolo – inserito all’interno del Decreto Sicurezza con la creazione della tipologia di permesso di soggiorno che reca la dicitura “protezione speciale” – il permesso originariamente annuale è diventato biennale con possibilità di conversione in lavoro, alla scadenza, ove ne ricorrano i requisiti.

 

Dopo il comma 3 sono stati inseriti due nuovi commi, 3.1. e 3.2: il primo specifica che nelle ipotesi di rigetto della domanda di protezione internazionale, ove ricorrano i requisiti per ottenere un permesso per cure mediche, la Commissione territoriale trasmette gli atti al Questore per il rilascio del permesso di soggiorno ivi previsto. Il secondo prevede che nei casi in cui la domanda di protezione internazionale non sia accolta e vi siano i presupposti per autorizzare l’ingresso o la permanenza di un familiare di un minore (tenuto conto dei gravi motivi connessi con il suo sviluppo psicofisico, dell’età e delle sue condizioni di salute) la Commissione territoriale ne informa il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni competente, per l’eventuale attivazione delle misure di assistenza in favore del fanciullo.

 

 

 

 

- III -

 

D.L 130/2020

 

LE NOVITA’ IN MATERIA DI CONVERSIONE E RILASCIO DI PERMESSI DI SOGGIORNO

 

Avv. Andrea Balducelli

 

 

 

Tra le novità introdotte in materia di immigrazione dal Decreto Legge n. 130 del 21.10.2020, di particolare rilevanza appaiono quelle relative alla estensione della possibilità di conversione di alcuni permessi di soggiorno rilasciati ad altro titolo in permessi di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo.

 

Alle categorie di permessi convertibili già previste dall’art. 14 del Dpr 394/1999, come successivamente modificato, l’art. 1 del DL 130/2020, rubricato “Disposizioni in materia di permesso di soggiorno e controlli di frontiera”, ha aggiunto numerose ulteriori ipotesi.

 

Tale elencazione è stata introdotta nell’art. 6 del Dlgs 286/98, cd. Testo Unico Immigrazione, con il nuovo comma 1 bis che recita testualmente:

 

Sono convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ove ne ricorrano i requisiti, i seguenti permessi di soggiorno:

 

a) permesso di soggiorno per protezione speciale, di cui all'articolo 32, comma 3, del Decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, ad eccezione dei casi per i quali siano state applicate le cause di diniego ed esclusione della protezione internazionale, di cui agli articoli 10, comma 2, 12, comma 1, lettere b) e c), e 16, del Decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251;

 

b) permesso di soggiorno per calamità, di cui all'articolo20-bis;

 

c) permesso di soggiorno per residenza elettiva, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c-quater), del Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;

 

d) permesso di soggiorno per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c), del Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, ad eccezione dei casi in cui lo straniero era precedentemente in possesso di un permesso per richiesta asilo;

 

e) permesso di soggiorno per attività sportiva, di cui all'articolo 27, comma 1, lettera p);

 

f) permesso di soggiorno per lavoro di tipo artistico, di cui all'articolo 27, comma 1, lettere m), n) ed o);

 

g) permesso di soggiorno per motivi religiosi, di cui all'articolo 5, comma 2;

 

h) permesso di soggiorno per assistenza minori, di cui all'articolo 31, comma 3”

 

§                      §                      §

 

Permesso di soggiorno per protezione speciale

 

È un permesso di soggiorno rilasciato al richiedente asilo che non possa ottenere la protezione internazionale ma per il quale la Commissione Territoriale ritenga sussistenti il rischio di persecuzione o di tortura nel caso di rientro nel paese di origine. Nella nuova formulazione della norma, il divieto di conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale in permesso di soggiorno per lavoro permane solo nei casi in cui siano intervenute le cause di esclusione o di diniego della protezione internazionale espressamente previste dagli artt. 10, comma 2, 12, lett. b) e c), e 16 del D.lgs. n.251/2007.

 

Permesso di soggiorno calamità

 

Il permesso di soggiorno per calamità naturale è stato introdotto dall’articolo 20 bis della legge 132 del 2018, il cosiddetto Decreto sicurezza o Decreto Salvini. La norma prevedeva il rilascio di un permesso di sei mesi, eventualmente rinnovabile al persistere delle condizioni legittimanti il rilascio, in favore dello straniero che dimostrasse che il proprio paese di origine versasse in una comprovata situazione di “contingente ed eccezionale calamità naturale” tale da non consentire il rientro in condizioni di sicurezza. Tale permesso consentiva lo svolgimento di attività lavorativa durante la sua validità ma non era convertibile alla sua scadenza. Il DL 130/2020, oltre ad aver previsto espressamente la possibilità di convertirlo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro ne ha anche parzialmente modificato i presupposti per il suo rilascio come vedremo meglio nel proseguo della presente relazione.

 

Permesso di soggiorno per residenza elettiva

 

Il permesso di soggiorno per residenza elettiva consente l’ingresso in Italia allo straniero che intende stabilirsi nel nostro Paese e che possa dimostrare di potersi mantenere autonomamente senza esercitare alcune attività lavorativa. Pur potendosi contemplare all’interno della fattispecie diverse ipotesi in cui detto permesso può essere rilasciato, in linea generale, ciò che rileva a seguito dell’entrata in vigore del DL 130/2020 è che lo stesso, alla sua scadenza, può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro autonomo o subordinato.

 

Permesso di soggiorno per acquisto cittadinanza o dello stato di apolide

 

Viene rilasciato allo straniero già in possesso del permesso di soggiorno per altri motivi per la durata del procedimento di concessione della cittadinanza. Tale permesso di soggiorno era sì rinnovabile fino alla definizione del procedimento ma non era convertibile.

 

Permesso di soggiorno per attività sportiva

 

Il permesso di soggiorno per attività sportiva è rilasciato allo straniero che deve essere impiegato come sportivo professionista o dilettante presso una società sportiva italiana che ha ottenuto, tramite richiesta alla Federazione nazionale di appartenenza, la dichiarazione nominativa di assenso da parte del CONI, nei limiti delle quote annuali di ingresso degli sportivi stranieri fissate con Decreto di programmazione del Ministero dei beni e delle attività culturali. Tale permesso consente lo svolgimento di una attività lavorativa subordinata come sportivo professionista o dilettante per conto di una società sportiva italiana. Allo scadenza, dopo la modifica, potrà essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro anche per attività diverse da quelle per le quali è stato autorizzato l’ingresso.

 

Permesso di soggiorno per lavoro di tipo artistico

 

Il permesso di soggiorno per lavoro artistico è rilasciato allo straniero che deve svolgere una attività superiore a tre mesi di lavoro artistico o tecnico in spettacoli lirici, teatrali, concertistici o inerenti il balletto su richiesta del datore di lavoro che deve ottenere il nulla osta dalla Direzione Generale per le politiche dei servizi per il lavoro. Prima della modifica introdotta dal DL 130/2020 era possibile il rinnovo solo ove sussistessero documentate esigenze di consentire la chiusura dello spettacolo e unicamente per proseguire il rapporto di lavoro instaurato con il medesimo datore di lavoro; quindi per una durata non superiore a quella del permesso di soggiorno in sede di rilascio e comunque di un anno al massimo. Attualmente, dopo l’entrata in vigore della nuova norma, potrà essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro anche per attività diverse.

 

Permesso di soggiorno per motivi religiosi

 

È il permesso di soggiorno rilasciato a stranieri con ordinazione sacerdotale o condizione equivalente, appartenenti a ordini religiosi od organizzazioni confessionali iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero dell’Interno, che debbano svolgere in Italia attività ecclesiastica o partecipare a manifestazioni di culto. Prima, il permesso di soggiorno per motivi religiosi consentiva al titolare di svolgere l'attività lavorativa strettamente collegata al proprio ministero religioso, quale ad esempio l'attività dei religiosi cattolici nell'ambito della propria parrocchia, escludendo, tuttavia, l'esercizio di altre attività lavorative. Attualmente, alla sua scadenza, è convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo.

 

Permesso di soggiorno per assistenza minori

 

È un permesso di soggiorno per assistenza minori, rilasciato in conseguenza all’autorizzazione al soggiorno sul territorio nazionale disposta dal Tribunale per i Minorenni ai sensi dell’art 31, co. 3, del D.lgs n. 286/1998. Prima della modifica, che ne ha espressamente previsto la possibilità di conversione, poteva solo essere rinnovato fino a quando permaneva l’autorizzazione del Tribunale per i Minorenni consentendo lo svolgimento di attività lavorativa solo nel corso della sua validità.

 

Ad avviso di scrive, l’estensione delle ipotesi di convertibilità dei permessi di soggiorno - che consente di dare una prospettiva di stabilità di soggiorno  a tutta una serie di posizioni che fino alla pubblicazione del DL 130/2020 erano strettamente legate alle originarie condizioni in forza delle quali era stato ottenuto il titolo di soggiorno - avrà presumibilmente l’effetto da un lato di ridurre il contenzioso in diverse ipotesi, dall’altro di non vanificare percorsi di integrazione già in corso evitando situazioni di irregolarità e, quindi, di insicurezza, sul territorio nazionale e sul mercato del lavoro.

 

 

 

Novita’ in tema dei presupposti per il rilascio di alcuni permessi di soggiorno

 

Il Decreto Legge 130/2020, oltre ad estendere le ipotesi di permessi di soggiorno convertibili, ha apportato delle rilevanti modifiche alle condizioni legittimanti il rilascio di alcune tipologie di permessi di soggiorno.

 

Quelle che avranno un impatto più rilevante sono certamente le modifiche introdotte in ordine al permesso per protezione speciale di cui all’art. 32, comma 3, del D.lgs n.25/2008 che sono analiticamente affrontate in altra parte della presente relazione.

 

Gli altri permessi di soggiorno modificati dalla norma sono i permessi per cure mediche, per calamità e quelli per lavoro rilasciati ai minori non accompagnati al raggiungimento della maggiore età.

 

Permesso di soggiorno per cure mediche

 

Prima dell’entrata in vigore del DL 130/2020, secondo quanto testualmente previsto dal comma 2 lettera d-bis dell’art. 19 del Dgls 286/98, vigeva il divieto di espulsione con la previsione espressa del rilascio di un permesso per cure mediche nei confronti del cittadino straniero che dimostrasse e documentasse di trovarsi in “condizioni di salute di particolare gravità”. Il legislatore ha riformato l’espressione “condizioni di salute di particolare gravità” sostituendola con “gravi condizioni psico-fisiche o derivanti da gravi patologie”.

 

L’intento del legislatore sembrerebbe essere quello di voler estendere le situazioni in cui il permesso di soggiorno in questione può essere rilasciato eliminando il riferimento alle condizioni di salute di “particolare gravità” ed inserendo altresì il riferimento alle “gravi patologie” che consentono di valutare la gravità della situazione anche in riferimento al decorso nel tempo.

 

Sempre relativamente al permesso per cure mediche, nella diversa ipotesi prevista all’ art. 36, comma 3 del Dgls 286/98, che riguarda l’ingresso per cure mediche a seguito di ottenimento del relativo visto, il DL 130/2020 ha espressamente previsto che tale soggiorno consenta lo svolgimento di attività lavorativa durante la sua validità.

 

Permesso di soggiorno per calamità

 

Come già evidenziato, il DL 130/2020 ha modificato la disciplina della fattispecie di tale permesso di soggiorno disciplinato dall’art. 20bis del Dlgs 286/98, introdotto dal DL 113/2018, prevedendo da un lato la possibilità di conversione dello stesso in permesso per motivi di lavoro, dall’altro ampliandone le occasioni di rilascio.

 

Alla luce della modifica, presupposto per la concessione del permesso è adesso la semplice esistenza di una situazione di “grave” calamità e non più una “situazione di contingente ed eccezionale calamità".

 

In sostanza, oltre ad un temperamento dello stato di calamità, la modifica, attraverso la soppressione del termine “contingente”, consente di prendere in considerazione ai fini del rilascio del permesso di soggiorno anche situazioni di calamità non transitorie ma che hanno ormai caratteristiche strutturali.

 

Permesso di soggiorno per studio, accesso al lavoro e/o lavoro al compimento della maggiore età di minori non accompagnati

 

Prima della riforma introdotta dal DL 130/2020, il rilascio del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età in favore di stranieri titolari di permesso di soggiorno quali minori non accompagnati era subordinato al parere del Comitato per i minori stranieri, le cui funzioni sono ad oggi svolte dalla Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione.

 

Il D.L ha introdotto una importante modifica all'articolo 32 del Dgls 286/98 prevedendo espressamente che «Il mancato rilascio del parere richiesto non può legittimare il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno. Si applica l'articolo 20, commi 1, 2 e 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241.».

 

Anche se permane la necessità di acquisire il parere, viene espressamente previsto che il mancato rilascio dello stesso non può legittimare il rifiuto del permesso di soggiorno e che, in ogni caso, devono applicarsi le disposizioni in materia di silenzio/assenso di cui alla Legge 241/90.

 

Stabilizzazione ricercatori stranieri

 

Il DL favorisce la stabilizzazione dei ricercatori stranieri in Italia prevendendo espressamente la possibilità per gli stessi di convertire il permesso per ricerca in permesso per attesa occupazione senza dover dimostrare la preesistenza di redditi e copertura sanitaria.

 

 

 

- IV -

 

D.L.130/2020

 

le modifiche in materia di trattenimento

 

Avv. Manuela Agnitelli

 

 

 

Il D.L.21 ottobre 2020 n.130, entrato in vigore il 22 ottobre 2020, introduce molteplici novità in materia di immigrazione e protezione internazionale.

 

In particolare, reca “Disposizioni in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà nazionale”.

 

Nella presente trattazione, si esaminano le disposizioni in materia di trattenimento e modifiche al decreto legislativo 18 agosto 2015 n.142.

 

L’art. 3 c. 1 d. l. 130/2020 introduce modifiche agli articoli:

 

             10 ter D.lgs. 296/1998 in materia di disposizioni per l'identificazione dei cittadini stranieri rintracciati in posizione di irregolarità sul territorio nazionale o soccorsi nel corso di operazioni di salvataggio in mare;

 

             14 D.lgs. 296/1998 in materia di esecuzione dell’espulsione.

 

Nell’art. 10 ter, comma 3, è aggiunto un ulteriore periodo secondo cui lo straniero, che si trovi in un centro di permanenza, deve essere informato dei diritti e delle facoltà derivanti dal procedimento di convalida del decreto di trattenimento in una lingua da lui conosciuta oppure, ove non sia possibile, in francese, inglese o spagnolo.

 

Nell’art. 14 sono stati modificati i commi 1 e 5. In particolare, adesso è previsto che:

 

             il periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno del Centro di permanenza per i rimpatri non possa essere superiore a 90 giorni (la versione precedente della norma prevedeva 180 giorni) e sia prorogabile per altri trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri;

 

             lo straniero che sia già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a quello di 90 giorni (in precedenza 180 giorni), può essere trattenuto presso il Centro per un periodo massimo di trenta giorni, prorogabile per altri trenta giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri.

 

In buona sostanza, il termine di 180 giorni è ridotto a 90 ed è introdotta la possibilità di proroga per altri 30 giorni.

 

Il comma 1, lettera c), numero 3) dispone circa la durata del trattenimento. Si incide anche qui sull'articolo 14 del Testo Unico dell'Immigrazione, mediante modificazione del suo comma 5.

 

La disposizione vigente prevede che la convalida del provvedimento di espulsione dello straniero comporti la sua permanenza nel Centro per un periodo di complessivi trenta giorni.

 

Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà, il Giudice, su richiesta del Questore, può prorogare il termine di ulteriori trenta giorni.

 

Anche prima di tale termine, il Questore esegue l'espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al Giudice. Trascorso tale termine, il Questore può chiedere al Giudice di Pace una o più proroghe qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione ovvero sia necessario al fine di organizzare le operazioni di rimpatrio.

 

La disposizione prevede in ogni caso un termine massimo, per il trattenimento dello straniero all'interno del Centro di permanenza per i rimpatri. Tale termine viene qui mutato in novanta giorni. È così ripristinata la durata massima antecedente al Decreto Legge n. 113 del 2018, il quale aveva elevato (cfr. suo articolo 2, comma 1) siffatta durata a centottanta giorni, rispetto ai novanta giorni stabiliti dalla legge n. 161 del 2014 (all'art. 3, co. 1, lettera e). Quest'ultima legge aveva peraltro diminuito la durata, rispetto ai centottanta giorni previsti dalla legge n. 94 del 2009 (all'art. 1, comma 22, lettera l)).

 

Può dirsi che nel corso del tempo si siano susseguiti orientamenti legislativi diversi, per quanto concerne il periodo massimo di trattenimento. La novella ora stabilisce una durata massima di novanta giorni, dunque. Al contempo ne prevede la prorogabilità per altri trenta giorni, qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri.

 

Le medesime modificazioni - circa la durata massima del periodo di trattenimento, stabilita in novanta giorni, e la prorogabilità per altri trenta giorni per stranieri cittadini di Paesi con cui l'Italia abbia accordi sui rimpatri - sono introdotte con riguardo altresì al trattenimento degli stranieri presso le strutture carcerarie (così la lettera b) del numero 3) del comma 1 di questo articolo 3 del decreto-legge, che incide sul sesto periodo del comma 5 dell'articolo 14 del Testo unico).

 

Decorso siffatto periodo, permane la disposizione vigente secondo cui lo straniero già trattenuto in strutture carcerarie può essere trattenuto presso il Centro di permanenza per i rimpatri per un periodo massimo di trenta giorni (prorogabili in casi di particolare complessità di ulteriori quindici giorni, previa convalida da parte del giudice di pace).

 

Vale riepilogare come le disposizioni sopra sunteggiate concernano il cd. trattenimento 'pre-espulsivo'. Nei Centri di permanenza per i rimpatri sono infatti trattenuti, per il tempo strettamente necessario, gli stranieri per i quali non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione, a causa di ostacoli quali la necessità di prestare soccorso dello straniero, di effettuare accertamenti sulla sua nazionalità e identità, di acquisire i documenti per il viaggio e di reperire un idoneo vettore (articolo 14, comma 1, del Testo Unico sull'Immigrazione).

 

Il trattenimento nel centro di permanenza per i rimpatri è disposto dal Questore e sottoposto a convalida del Giudice di Pace.

 

Come rilevato dalla Corte Costituzionale, il trattenimento dello straniero presso i Centri di permanenza temporanea e assistenza è misura incidente sulla libertà personale e, come tale, non può essere adottata al di fuori delle garanzie dell'articolo 13 della Costituzione (sent. n.105/2001 e n. 222/2004). Il provvedimento di trattenimento risulta, pertanto, legittimo solo in presenza dei casi indicati dalla legge e subordinatamente al controllo da parte del giudice della convalida.

 

La Corte precisa che il provvedimento del Questore di trattenimento in un centro di permanenza temporanea "deve essere trasmesso al Giudice senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore ed è assoggettato alla convalida 'nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile, sentito l’interessato', con cessazione di 'ogni effetto qualora non sia convalidato nelle quarantotto ore successive' (art. 14, comma 4).

 

La convalida dell’Autorità Giudiziaria riguarda anche l'eventuale provvedimento di proroga del trattenimento, con possibilità di ricorso in Cassazione (art. 14, comma 6)" (sent. n. 222/2004). L'articolo 14 del Testo Unico dell'Immigrazione prevede che la convalida del provvedimento di trattenimento da parte del Giudice di Pace comporti la permanenza nel Centro per un periodo di 30 giorni, prorogabili di ulteriori 30 qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per il viaggio presentino gravi difficoltà.

 

La proroga è disposta dal Giudice, su richiesta del Questore. Trascorso tale termine, il Questore può chiedere al Giudice di Pace una o più proroghe, qualora siano emersi elementi concreti che consentano di ritenere probabile l'identificazione ovvero le proroghe risultino necessarie per organizzare le operazioni di rimpatrio.

 

In ogni caso il periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno del centro di permanenza per i rimpatri non può essere superiore ad un periodo massimo, determinato dalla norma di legge. È su tale determinazione del lasso temporale massimo di trattenimento che interviene la modificazione ora sancita dal presente decreto-legge. La medesima previsione circa la durata massima del trattenimento 'pre-espulsivo' (dettata dal comma 1, lettera c), numero 3), si è ricordato), è posta altresì per il trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale, in corso di verifica della sua identità e nazionalità. Siffatta previsione è recata dal comma 2, lettera b), numero 2).

 

In conclusione, l'articolo 3, comma 1 e comma 4, lettera a) (Trattenimento degli stranieri; loro diritti) dispone in merito alle modalità del trattenimento dello straniero in procinto di essere allontanato dal territorio nazionale, riconoscendo in particolare, allo straniero trattenuto, alcune facoltà.

 

Si prevede un ordine di priorità nell'effettuazione di tale trattenimento, per soggetti pericolosi (o cittadini di Paesi con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri).

 

Si diminuisce la durata massima del trattenimento (a novanta giorni, termine prorogabile di trenta giorni se lo straniero sia cittadino di Stato con cui l'Italia abbia sottoscritto accordi in materia di rimpatri). Analoga riduzione è prevista per lo straniero il quale sia detenuto in strutture carcerarie.

 

 

 

- V -

 

Risvolti penali del DL 130/2020

 

Avv. Roberto Maria Meola

 

 

 

Relativamente alla parte di Decreto più propriamente afferente le innovazioni in ambito di Diritto penale, sia sostanziale che processuale, ma comunque in maniera strettamente collegata all’immigrazione, anche la disciplina dei delitti commessi a causa o in occasione del trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri o in quelli di accoglienza per richiedenti asilo, viene  novellata dall’art. 6, rubricato “disposizioni in materia di delitti commessi nei centri di permanenza per i rimpatri” prevedendo che coloro i quali siano stati riconosciuti autori di delitti con violenza alle persone o alle cose, per cui si applichino le disposizioni di cui agli art. 380 e 381 c.p.p.,  vengano considerati in stato di flagranza, seppur successivamente identificati con quanto processualmente conseguente (giudizio immediato).

 

Ricadono altresì nelle novelle in ambito penale anche disposizioni che, oltre a disciplinare diversamente alcune previgenti ipotesi di reato, comminano pene più severe:

 

1)                 Viene introdotta dall’art. 9 del Decreto in commento una nuova fattispecie di reato, quale rafforzamento delle sanzioni applicate in caso di comunicazioni dei detenuti sottoposti al regime del c.d. “41-bis”, che sanziona con la pena della reclusione da 1 a 4 anni, chi introduce o detiene all’interno di istituti penitenziari telefoni cellulari o dispositivi mobili di comunicazione e viene modificata dall’art. 8 del Decreto in commento la previsione di cui all’art.391 bis c.p. con l’inasprimento della pena che passa ad esser quella della reclusione da due a sei anni nelle ipotesi di cui al comma 1 e dell’incremento delle ipotesi di cui al comma 2 che passano da una sanzione detentiva “da due a cinque anni” alla reclusione “da tre a sette anni”;

 

2)                 Il trattamento sanzionatorio per il reato di rissa è oggetto di modifica ad opera dell’art. 10 del D.L. 130/20 che introduce l’aumento della sanzione pecuniaria che da € 309,00 diviene di €2.000,00 e, nell’ipotesi aggravata dalle lesioni personali o della morte, per il solo fatto della partecipazione alla stessa, con la reclusione da sei mesi a sei anni in sostituzione della precedente ipotesi da 3 mesi a 5 anni;

 

3)                 Anche il D.L. 14/2017 convertito in L. 18/4/2017 n. 48, viene modificato dal D.L.130/2020 che all’art. 11 prevede l’estensione del c.d. Daspo urbano anche a coloro che abbiano subito una o più denunce (indipendentemente dunque da un giudizio di colpevolezza o dall’esito delle indagini!) o una condanna anche non definitiva per la vendita o cessione di sostanze stupefacenti nel corso degli ultimi tre anni, prevedendo che la violazione dell’ordine del Questore in tal senso comminato sia sanzionabile con la pena della reclusione da sei mesi a due anni e la multa da 8.000 a 20.000 Euro;

 

4)                 riduzione del ricorso all’art.131 bis c.p. allorquando il reato, seppur in presenza degli ulteriori requisiti per il ricorso al citato articolo, sia commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni o nell'ipotesi di oltraggio a magistrato in udienza (art. 7 D.L. 130/2020).

 

 

 

Seppur di rilevanza penale solo in maniera incidentale ai fini della sanzione, l’art. 12 del D.L. 130/2020  amplia la facoltà di oscuramento dei siti web usati per agevolare la vendita di sostanze stupefacenti tramite la creazione di un elenco degli stessi, operato da un ufficio creato ad hoc, da dare ai fornitori dei servizi di connessione, affinché ne sia inibito l’accesso a pena di irrogazione di una sanzione pecuniaria di natura amministrativa da € 50.000,00 ad € 250.000,00.

 

Sono previste, infine, all’art. 13 del Decreto in esame, disposizioni per rendere più efficace l’esercizio delle attività del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, prorogato nel ruolo per altri due anni, anche attraverso la facoltà di delegare, seppur solo quando ricorrano casi particolari e limitatamente nel tempo, comunque per un periodo nel massimo non superiore ai sei mesi, i garanti territoriali all’esercizio di determinati compiti.

 

 

 

- VI -

 

Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione alla luce delle novità introdotte dal D.L. 130/20 (Modifiche al D.lgs. 142/2015)

 

Avv. Annalaura Carbone

 

 

 

Il sistema di accoglienza degli stranieri nel territorio italiano è disciplinato dal Decreto legislativo n. 142/20151, successivamente integrato e modificato dal D.L. 13/2017 con interventi urgenti in materia di immigrazione, dalla L. n. 47/2017 sui minori stranieri non accompagnati e, infine, dal D.Lgs. n. 220/2017.

 

Una delle novità più significative e dibattute del D.L. 130/2020 è senza alcun dubbio la definizione di nuovo Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI), che comprende le strutture di seconda accoglienza gestite dagli Enti locali, alle quali possono accedere i titolari di protezione internazionale, i minori stranieri non accompagnati e richiedenti asilo (quest’ultimi erano stati esclusi dal Decreto sicurezza).

 

Viene introdotta una diversificazione dei servizi del Sistema a seconda della tipologia dei beneficiari, una rideterminazione delle condizioni della prima accoglienza nei Centri governativi e individuate disposizioni a supporto dei percorsi di integrazione.

 

In particolare, le misure di prima assistenza sono assicurate nei Centri governativi di prima accoglienza istituiti con Decreto del Ministro dell'interno, la cui gestione può essere affidata ad Enti locali, anche associati, alle unioni o consorzi di comuni, ad Enti pubblici o privati che operano nel settore dell'assistenza ai richiedenti asilo o agli immigrati o nel settore dell'assistenza sociale, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici.

 

Il richiedente è accolto2 per il tempo necessario all'espletamento delle operazioni di identificazione, ove non precedentemente completate, alla verbalizzazione della domanda ed all'avvio della procedura di esame della medesima domanda, nonché all'accertamento delle condizioni di salute diretto anche a verificare, fin dal momento dell'ingresso nelle strutture di accoglienza, la sussistenza di situazioni di vulnerabilità.

 

Nel caso in cui sia temporaneamente esaurita la disponibilità di posti all'interno dei suddetti Centri a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti, l'accoglienza può essere disposta dal Prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno, in strutture temporanee (CAS) appositamente allestite, previa valutazione delle condizioni di salute del richiedente, anche al fine di accertare la sussistenza di esigenze particolari di accoglienza. In questi casi, l'accoglienza nelle strutture straordinarie è limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente.

 

Nei centri di prima accoglienza e in quelli straordinari devono essere assicurati adeguati standard igienico-sanitari ed abitativi, secondo i criteri e le modalità stabiliti con Decreto adottato dal Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro della Salute. Sono altresì erogati, anche con modalità di organizzazione su base territoriale, oltre alle prestazioni di accoglienza materiale, l'assistenza sanitaria, l'assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio.

 

Sono inoltre assicurati il rispetto della sfera privata, comprese le differenze di genere, delle esigenze connesse all'età, la tutela della salute fisica e mentale dei richiedenti, l'unità dei nuclei familiari composti da coniugi e da parenti entro il primo grado, l'apprestamento delle misure necessarie per le persone portatrici di particolari esigenze.

 

Sono adottate misure idonee a prevenire ogni forma di violenza, anche di genere, e a garantire la sicurezza e la protezione dei richiedenti e del personale che opera presso i Centri.

 

Gli Enti locali che prestano servizi di accoglienza per i titolari di protezione internazionale e per i  minori stranieri non accompagnati che beneficiano del sostegno finanziario di cui al comma 2 possono accogliere, nell'ambito dei medesimi servizi, nei limiti dei posti disponibili, anche i richiedenti protezione internazionale e, qualora non accedano a sistemi di protezione specificamente dedicati, i titolari dei permessi di soggiorno per: protezione speciale, protezione sociale, violenza domestica, calamità, particolare sfruttamento lavorativo, atti di particolare valore civile, casi speciali. Possono essere accolti, altresì, gli stranieri affidati ai servizi sociali, al compimento della maggiore età.

 

Vengono erogati servizi di primo e secondo livello. Ai servizi di primo livello, tra i quali, oltre alle prestazioni di accoglienza materiale, l'assistenza sanitaria, l'assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio, accedono i richiedenti protezione internazionale. Ai servizi di secondo livello, che sono finalizzati all'integrazione, tra cui, oltre quelli previsti al primo livello, l'orientamento al lavoro e la formazione professionale, accedono i beneficiari di una forma di protezione.

 

Infine, per i beneficiari di misure di accoglienza nel SAI, alla scadenza del periodo di ospitalità previsto dalle norme sul funzionamento del medesimo Sistema, sono avviati ulteriori percorsi di integrazione, a cura delle Amministrazioni competenti e nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili.

 

Per il perseguimento delle finalità di cui sopra, il Piano nazionale di cui all'articolo 29, comma 3, del Decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, individua, per il biennio 2020-2021, le linee di intervento per realizzare forme di effettiva inclusione sociale volte a favorire l'autonomia individuale dei cittadini stranieri beneficiari di protezione internazionale, con particolare riguardo a: formazione linguistica; informazione  sui diritti e sui doveri individuali e sull'orientamento ai servizi; orientamento all'inserimento lavorativo.

 

 

 

- VII -

 

Disposizioni in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale alla luce delle modifiche introdotte dal D.L. 130/20 (artt. 28, 28 bis, 28 ter, 29 bis, 35 bis del D.lgs. 25/08)

 

Avv. Annalaura Carbone

 

 

 

In virtù di quanto previsto dal riformulato articolo 28, che disciplina l’esame prioritario delle domande di asilo, il Presidente della Commissione territoriale competente al riconoscimento della protezione internazionale determina i casi di trattazione prioritaria – ossia quelli verosimilmente fondati prima facie, quelli in cui il richiedente appartenga alla categoria dei vulnerabili, quelli per i quali può essere omessa d’ufficio l’audizione, stante la provenienza certa del soggetto che consente il riconoscimento de plano dello status di protezione sussidiaria – e quelli per i quali è prevista la procedura accelerata ai sensi dell’art. 28 bis d.lgs. 25/08. La Commissione territoriale informa il richiedente delle determinazioni procedurali assunte all’avvio del colloquio personale.

 

L’articolo 28 bis, anch’esso sostituito, statuisce la nuova procedura accelerata, con la previsione di due schemi temporali differenziati a seconda dei casi, ove in uno è prevista l’audizione personale del richiedente.

 

Al comma 1 rimane l’obbligo della Questura di trasmettere gli atti, senza ritardo, alla Competente Commissione territoriale, la quale deve adottare la decisione entro cinque giorni in caso di: a) presentazione reiterata di identica domanda, scevra da nuovi elementi; b) domanda presentata da richiedente sottoposto a procedimento penale e che costituisca un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica ovvero sia stato condannato con sentenza definitiva3 e quando sia destinatario di un provvedimento di espulsione per pericolosità sociale. In caso di condanna non definitiva, è richiesta la preventiva audizione dell’interessato.

 

Il secondo comma onera sempre la Questura alla trasmissione, senza ritardo, della documentazione necessaria alla Commissione territoriale che, entro sette giorni dalla data di ricezione della documentazione, provvede all'audizione e decide entro i successivi due giorni in caso di: a) domanda presentata da un richiedente trattenuto presso i CPR purché non rientri nei casi previsti dalla lettera b del comma 1; b) domanda presentata alla frontiera o nelle zone di transito4 a seguito di fermo per elusione o tentata elusione dei relativi controlli; c) domanda presentata da un soggetto derivante da un Paese classificato come sicuro; d) domanda manifestamente infondata ai sensi dell’art. 28 ter5; e) domanda presentata da soggetto fermato in condizioni di soggiorno irregolare al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.

 

Si precisa che i termini di cui al presente articolo possono essere superati ove necessario per assicurare un esame adeguato e completo della domanda.

 

Tuttavia, qualora la Commissione territoriale, per la sopravvenuta esigenza di acquisire nuovi elementi, non abbia potuto adottare la decisione entro i termini previsti, informa del ritardo il richiedente e la Questura competente: in tal caso, la procedura di esame della domanda è conclusa entro sei mesi. Il termine è prorogato di ulteriori nove mesi quando: a) l'esame della domanda richiede la valutazione di questioni complesse in fatto o in diritto; b) in presenza di un numero elevato di domande presentate simultaneamente; c) il ritardo è da attribuire all'inosservanza da parte del richiedente degli obblighi di cooperazione. In casi eccezionali, debitamente motivati, il termine di nove mesi di cui al comma 3 può essere ulteriormente prorogato di tre mesi ove necessario per assicurare un esame adeguato e completo della domanda.

 

Nel caso di presentazione di domanda reiterata identica alla precedente e di presentazione di domanda alla frontiera o nelle zone di transito, i termini di cui sopra sono ridotti di un terzo.

 

Al comma 3 si prevede la possibilità per lo Stato di dichiararsi competente all’esame della domanda di protezione internazionale presentata da un soggetto trattenuto presso i CPR, già richiedente in altro Stato.

 

Si evidenzia, inoltre, che le procedure di cui al presente articolo non si applicano ai minori non accompagnati.

 

Un’altra norma di particolare rilievo per i richiedenti asilo è l’articolo 29 bis del d.lgs. 25/08, che disciplina la domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di allontanamento.

 

La lettera del predetto articolo è stata sostituita dalla previsione in virtù della quale, in questi casi, la domanda è trasmessa con immediatezza al Presidente della Commissione territoriale competente che procede all'esame preliminare – entro tre giorni – e contestualmente ne dichiara l'inammissibilità ove non siano stati addotti nuovi elementi.

 

Infine, è di fondamentale importanza evidenziare le modifiche apportate all’articolo 35 bis del d.lgs. 25/08 concernente le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale.

 

Viene inserita, infatti, la previsione dell’assenza di sospensione automatica dell’efficacia esecutiva del diniego emesso dalla Commissione nei seguenti casi: 1) presentazione della domanda da un richiedente provenite da un Paese classificato come sicuro; 2) presentazione della domanda al solo fine di ritardare il rimpatrio; 3) presentazione della domanda da un richiedente che ha precedenti penali, sentenze definitive a carico o sia destinatario di una espulsione per pericolosità sociale.

 

Tuttavia, l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può tuttavia essere sospesa quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni e assunte, ove occorra, sommarie informazioni con Decreto motivato e pronunciato entro cinque giorni dalla presentazione dell'istanza di sospensione e senza la preventiva convocazione della controparte.

 

La proposizione del ricorso o dell'istanza cautelare, nei casi in cui non vi è sospensione automatica dell’efficacia esecutiva del diniego, non sospende l'efficacia esecutiva del provvedimento che dichiara inammissibile, per la seconda volta, la domanda di riconoscimento della protezione internazionale, nel caso in cui il richiedente reiteri identica domanda dopo che sia stata presa una decisione da parte della Commissione stessa, senza addurre nuovi elementi in merito alle sue condizioni personali o alla situazione del suo Paese di origine ovvero dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della protezione internazionale quando lo straniero presenti una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un  provvedimento che ne comporterebbe l'imminente allontanamento dal territorio nazionale.

 

 

 

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Note.

 

1) Adottato in attuazione delle direttive europee 2013/32/UE e 2013/33/UE

 

2) Salvo i casi di migranti soccorsi in mare i quali vengono collocati temporaneamente negli hotspot appositamente allestiti.

 

3) In entrambi i casi per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale.

 

4) Individuate con Decreto del Ministro dell'interno. Con il medesimo Decreto possono essere istituite fino a cinque  ulteriori sezioni delle Commissioni territoriali

 

5) La domanda è considerata manifestamente infondata, quando ricorra una delle seguenti ipotesi: a) il richiedente ha sollevato esclusivamente questioni che non hanno alcuna attinenza con i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale; b) il richiedente proviene da un Paese designato di origine sicuro ai sensi dell'articolo 2-bis; c) il richiedente ha rilasciato dichiarazioni palesemente incoerenti e contraddittorie o palesemente false, che contraddicono informazioni verificate sul Paese di origine; d) il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi o omettendo informazioni o documenti riguardanti la sua identità o cittadinanza che avrebbero potuto influenzare la decisione negativamente, ovvero ha dolosamente distrutto o fatto sparire un documento di identità o di viaggio che avrebbe permesso di accertarne l'identità o la cittadinanza; e) il richiedente è entrato illegalmente nel territorio nazionale, o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno, e senza giustificato motivo non ha presentato la domanda tempestivamente rispetto circostanze del suo ingresso; f) il richiedente ha rifiutato di adempiere all'obbligo del rilievo dattiloscopico g) il richiedente si trova nelle condizioni di cui all'articolo 6, commi 2, lettere a), b) e c), e 3, del Decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai richiedenti portatori di esigenze particolari indicate nell'articolo 17 del Decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142.

 

 

BLOCCO DELLE ESECUZIONI IMMOBILIARI

 

(Avv. Letizia Del Capraro)

 

 

 

L’emergenza sanitaria da Covid 19 ha comportato l’adozione di misure dirette ad assicurare il rispetto delle prescrizioni igienico - sanitarie imposte per evitare/contenere la diffusione del contagio anche nel settore delle esecuzioni immobiliari in considerazione del “ numero degli affari pendenti, dei diversi soggetti coinvolti, della peculiarità della materia trattata e dei diversi luoghi ove essa si svolge” (Tribunale di Roma – IV Sez. Civile -provvedimento ponte del 06.03.2020).

 

Il Tribunale di Roma – Sezione IV Civile Esecuzioni Immobiliari con il c.d. provvedimento ponte del 06 marzo 2020, a firma di tutti i Giudici dell’Esecuzione e con il provvedimento del 12 marzo 2020 a firma del Presidente della Sezione, ha dettato le seguenti disposizioni:

 

Ø  revoca:

 

  • di tutti gli esperimenti di vendita fissati tra il 09.03.2020 ed il 31.07.2020;
  • di tutti gli avvisi di vendita depositati e non ancora pubblicati sul Portale delle Vendite Pubbliche, giornali e siti, che si sarebbero dovuti pubblicare secondo quanto prescritto nell’ordinanza di delega emessa e sospensione della pubblicazione sino a nuovo ordine:

 

Ø  sospensione sino a nuovo ordine:

 

  • del termine concesso nell’ordinanza di delega per il deposito degli avvisi di vendita in relazione alle procedure per le quali erano state emesse le ordinanze di delega ex art. 569 c.p.c. ma non erano stati ancora depositati i conseguenti avvisi di vendita;
  • degli accessi ordinari presso gli immobili pignorati salvo urgenze indifferibili da rappresentarsi tempestivamente al G.E.;
  • dell’attuazione degli ordini di liberazione anche per gli immobili aggiudicati, ritenendo “massimamente inopportuno l’eventuale impiego, in ausilio del custode, della forza pubblica e del personale sanitario a fronte delle prevalenti incombenze in cui questi sono impegnati in ragione dell’emergenza sanitaria in atto la cui durata non è facile prevedere” (provvedimento del 12.03.2020).

 

Il Presidente della IV Sezione Civile Esecuzioni Immobiliari ha, altresì, precisato, con il provvedimento del 09 marzo 2020, che, in applicazione della normativa entrata in vigore in pari data e di cui al D.L. dell’08.03.2020 n.11, tutti i termini processuali dovevano intendersi sospesi (allora fino al 22 marzo 2020, successivamente fino all’11.05.2020), compreso il termine per il versamento del saldo prezzo.

 

 

 

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Con decreti in data 23.06.2020 i provvedimenti del 06.03.2020 e del 12.03.2020 sono stati revocati, avendo ritenuto i Giudici dell’Esecuzione, anche quali Giudici Istruttori nei giudizi di divisione endoesecutiva che, pur permanendo l’obbligo di rispettare le misure igienico-sanitarie dettate per contenere la diffusione del virus, non sussistessero più le ragioni che avevano giustificato i predetti provvedimenti.

 

In tali nuovi decreti si è, altresì, tenuto conto di due modifiche legislative intervenute nelle more:

 

 

 

Ø  entrata in vigore, in data 30.04.2020, dell’art.54 ter D.L. 17 marzo 2020 n. 18 convertito con modifiche nella legge n. 27/2020, rubricato “Sospensione delle procedure esecutive prima casa”.

 

Detto articolo stabilisce quanto segue: “Al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID -19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”.

 

Quindi, dal 30.04.2020 e fino al 30.10.2020 sono state sospese le procedure esecutive che hanno ad oggetto  gli immobili e loro pertinenze che costituiscono l’abitazione principale del debitore esecutato.

 

 

 

Ø  entrata in vigore, in data 01.03.2020, dell’art. 18 quater L. n. 8/2020 (che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 162/2019). Tale articolo ha modificato l’art. 560 c.p.c. prevedendo che le disposizioni contenute nell’art. 4, comma 2 del D.L. n. 135/2018, convertito, con modificazioni, dalla legge 11.02.2019 n. 12 (in vigore dal 13.02.2020) abbiano efficacia retroattiva applicandosi anche alle procedure di espropriazione immobiliare pendenti alla data di entrata in vigore della predetta legge n. 12/2019.

 

Di qui i G.E., nei decreti del 23.06.2020 hanno ritenuto che, per il principio del tempusregitactum, sarebbero rimasti fermi gli ordini di liberazione emessi prima dell’entrata in vigore del richiamato art. 18 quater L. n. 8/2020, comportando l’intervenuta modifica legislativa che, quando l’immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari, anche per le procedure iniziate prima del 13.02.2020 non può essere disposto il rilascio dello stesso prima della pronuncia del decreto di trasferimento ai sensi dell’art. 586 c.p.c., salvo le ipotesi in cui l’occupante abbia tenuto dei comportamenti ostruzionistici (art. 560, comma 6 c.p.c.).

 

 

 

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Nello specifico, in data 23.06.2020 sono stati emanati tre decreti che hanno dettato delle disposizioni uniformi rispettivamente:

 

1)      per le vendite analogiche

 

2)      per le vendite telematiche delegate

 

3)      per le procedure non in vendita

 

Si tratta di decreti “autosufficienti” a far ripartire le procedure senza necessità di ulteriori provvedimenti dei Giudice dell’Esecuzione.

 

 

 

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Successivamente all’adozione di tali decreti, poiché la situazione epidemiologica è tornata, purtroppo, ad aggravarsi, la dichiarazione dello stato di emergenza è stata prorogata al 31.01.2021 (D.L. 07.10.2020 n. 125), sono state adottate, con diversi D.P.C.M., tra cui, il D.P.C:M. 24.10.2020,  misure urgenti per il contenimento del contagio, è stato emanato il D.L. 28.10.2020 n. 137 (c.d. Decreto Ristori).

 

Il Decreto Ristori, in particolare, all’art. 4, rubricato “Sospensione delle procedure esecutive immobiliari nella prima casa” ha stabilito quanto segue:

 

1. All'articolo 54-ter, comma 1, del decreto-legge 17 marzo  2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020,  n.27, le parole "per la durata di sei mesi a decorrere  dalla  data  di entrata in vigore della legge di conversione  del  presente  decreto" sono sostituite dalle seguenti "fino al 31 dicembre 2020". E' inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

 

A fronte, pertanto, di tale proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore al 31.12.2020, con decreto in data 30.10.2020, i Giudici dell’Esecuzione del Tribunale di Roma  hanno previsto che le disposizioni contenute nei decreti del 23.06.2020 riguardanti la prosecuzione delle procedure interessate dalla sospensione ex art. 54-ter del D.L. 18/2020, tra cui quelle relative all’onere di riassunzione di tali procedure, “..devono intendersi prorogate al 31.12.2020 ovvero alla diversa data di cessazione del regime di sospensione di legge per il caso di eventuale ulteriore proroga normativa” (punto 1 del Decreto 30.10.2020).

 

Ne consegue che, la data del 02 novembre 2020, indicata nei decreti del 23.06.2020 come data di decorrenza degli adempimenti, di cui si dirà meglio infra, previsti per la ripresa delle procedure esecutive sospese fino al 30.10.2020, perché aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore, è slittata al 02 gennaio 2021.

 

 

 

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§ - VENDITE ANALOGICHE

 

Il decreto del 23.06.2020 relativo alle vendite analogiche, depositato telematicamente dalle cancellerie in tutte le procedure esecutive immobiliari ed i giudizi di divisione endoesecutivagià delegati alla vendita secondo la forma analogica, in premessa:

 

·         ha chiarito che, in forza di quanto previsto nel decreto n. 45 del 18 giugno 2020 adottato dal Tribunale di Roma – IV Sezione Civile Esecuzioni Immobiliari, in ordine alla ripresa dell’attività di vendita degli immobili pignorati, è stato indicato quale criterio “ per la programmazione dei tempi per il riassorbimento dell’arretrato accumulatosi nei mesi di stasi dell’attività di vendita quello di dare precedenza a tutte le procedure aventi ad oggetto compendi certamente esclusi dall’applicazione dell’art. 54 ter …..differendo, invece, al 2 novembre 2020 (ora 02 gennaio 2021) la trattazione di tutte quelle procedure che potrebbero essere interessate dalla indicata sospensione ex lege, e tanto, sulla sola base delle risultanze già agli atti della procedura e senza che gli ausiliari nominati svolgano, al riguardo, indagini specifiche suppletive” (cfr. decreto disposizioni uniformi vendite analogiche 23.06.2020, pag. 1)

 

·         ha previsto la sostituzione della modalità di vendita in forma analogica con la modalità telematica asincrona.

 

Sul punto i G.E. hanno così motivato tale previsione: “.. necessità di uniformità delle modalità di trattazione di tutte le procedure pendenti presso l’ufficio anche in ragione dell’esiguità del numero delle procedure ancora in forma analogica;.. progressivo incremento di offerte telematiche registratesi nei primi diciotto mesi di applicazione della modalità sincrona mista che evidenzia l’assimilazione da parte di operatori e contesto sociale della modalità telematica che, nella forma integrale, garantisce la massima trasparenza, riservatezza ed efficienza nello svolgimento delle operazioni di vendita dei cespiti pignorati oltreché agevolare la maggiore partecipazione alle stesse in ragione della eliminazione della necessità della presenza fisica dell’offerente;…necessità di porre al riparo le sale aste, messe a disposizione dagli ordini professionali convenzionati per la celebrazione degli esperimenti di vendita – anche allorquando l’emergenza sanitaria sarà rientrata  - dal rischio di assembramenti di persone fisiche, di fatto imprevedibili, in vista di possibili nuove ondate di contagi da COVID – 19 nel corso dell’anno”;

 

·         ha stabilito la nomina a rotazione dei gestori della vendita con indicazione della distribuzione dei relativi incarichi in relazione alle procedure esecutive immobiliari ed i giudizi di divisione endoesecutiva indicati negli elenchi A e B allegati al decreto medesimo;

 

·         ha previsto l’attuazione della disciplina della liberazione degli immobili abitati dal debitore esecutato e del suo nucleo familiare in forza dell’art. 560 c.p.c. nuova formulazione.

 

 

 

Fatte queste premesse, tale decreto ha revocato tutti i provvedimenti assunti in data 06 marzo 2020 ed in data 12 marzo 2020 ed ha, altresì, distinto e disciplinato, tre ipotesi (A - B - C)

 

 

 

A)    Giudizi di divisione endoesecutiva e procedure esecutive che riguardano immobili che non costituiscono abitazione principale del debitore esecutato perché hanno ad oggetto beni immobili e loro pertinenze:

 

§  abitati da soggetti diversi dalla parte esecutata, anche se congiunti a quest’ultima;

 

§   e/o occupati dalla parte esecutata per destinazioni diverse dalla dimora abituale;

 

§  e/o occupati ovvero condotti in locazione da terzi;

 

§  e/o pignorati ai danni di persona giuridica (a prescindere dalla destinazione abitativa cui gli stessi siano adibiti);

 

§   e/o già liberi prima del 30 aprile 2020.

 

 

 

Il decreto ha posto diversi adempimenti a carico dei professionisti delegati nonché dei custodi. Al riguardo, rimandando, per il dettaglio, alle disposizioni specifiche contenute nello stesso, per quel che rileva in questa sede si segnalano le seguenti previsioni:

 

  • è stato posto a carico dei professionisti delegati l’onere di comunicare a mezzo PEC a tutte le parti costituite, al debitore non costituito presso la cancelleria del Tribunale, ai gestori della vendita telematica e della pubblicità il decreto in parola e di emettere, all’esito di tale comunicazione, un nuovo avviso di vendita con modalità telematica asincrona, fissando il nuovo esperimento di vendita non prima del 02 novembre 2020 (lett. A) - punti da A1 ad A7);
  • analogamente dovranno procedere i professionisti delegati per le ipotesi di dichiarazione di decadenza dell’aggiudicatario ex art. 587 c.p.c. (lett. A) - punto A6);
  • il custode provvederà agli accessi ed alle visite presso gli immobili in vendita curando che vengano pienamente rispettate le norme igienico – sanitarie volte al contenere l’emergenza sanitaria,
  • a decorrere dal 02 settembre 2020 il custode riprenderà ogni attività necessaria all’attuazione degli ordini di liberazione già emessi, mentre procederà alla loro immediata attuazione per gli immobili già aggiudicati e per le ipotesi in cui l’occupante abbia tenuto dei comportamenti ostruzionistici (cfr. lett. A) - punti da A8 ad A10).

 

 

 

OoO

 

 

 

B)    procedure esecutive che hanno ad oggetto immobili e loro pertinenze destinati a dimora abituale della parte esecutata e che ancora non sono pervenuti all’aggiudicazione, tenuto conto della possibile operatività della sospensione ex lege ai sensi dell’art. 54 ter D.L. 18/2020.

 

La dimora abituale è da individuarsi sulla base delle sole risultanze agli atti della procedura: luogo di notifica del pignoramento alla parte esecutata – ove coincidente con il compendio pignorato – residenza del debitore esecutato nell’immobile pignorato normalmente indicata dal creditore procedente nel corpo dell’atto di pignoramento e/o di precetto. Nella prassi gli ausiliari estraggono anche il certificato storico anagrafico.

 

In tale ipotesi:

 

  • Il creditore munito di titolo esecutivo più diligente, non prima del 31 ottobre 2020( ora 31 dicembre 2020) e nel termine perentorio di legge (sei mesi), ha l’onere di depositare un ricorso in riassunzione o, in alternativa, una nota che attesta che ladestinazione abitativa del bene pignorato risulta mutata alla data del 30 aprile 2020 rispetto a quella emergente dagli atti del fascicolo vale a dire una nota che attesta che il creditore ha acquisito notizia certa della modifica dello stato di occupazione per l’allontanamento spontaneo della parte esecutata;
  • gli ausiliari del G.E., tenuti in ogni caso ad astenersi dal compiere le attività loro proprie fino al 30 ottobre 2020 compreso (ora 31 dicembre2020), potranno riprenderle a decorrere dal 02 novembre 2020 (ora 02 gennaio 2020) ma solo dopo il deposito del predetto ricorso in riassunzione o della predetta nota. A seguito di tale deposito gli ausiliari potranno, quindi, riprendere le attività di vendita loro delegate nel rispetto degli stessi adempimenti dettati per l’ipotesi sub. lett. A) che precede (lett. A) - punti da A1 ad A7), curando che nella comunicazione alle parti a mezzo pec venga allegato anche il ricorso in riassunzione;
  • analogamente dovranno procedere i professionisti delegati per le ipotesi di dichiarazione di decadenza dell’aggiudicatario ex art. 587 c.p.c. (lett. A) - punto A6);
  • il custode provvederà agli accessi ed alle visite presso gli immobili in vendita curando che vengano pienamente rispettate le norme igienico – sanitarie volte al contenere l’emergenza sanitaria;
  • a decorrere dalla data di emissione dell’avviso di vendita il custode riprenderà ogni attività necessaria all’attuazione degli ordini di liberazione già emessi, mentre procederà alla loro immediata attuazione per gli immobili già aggiudicati e per le ipotesi in cui l’occupante abbia tenuto dei comportamenti ostruzionistici (lett. A - punti da A8 ad A10).

 

 

 

OoO

 

 

 

C)    beni pignorati rientranti nella tipologia sub. lett. B) che precede, già aggiudicati alla data del 30 aprile 2020.

 

Con riferimento ai beni pignorati costituenti la dimora abituale del debitore che siano stati aggiudicati prima del 30 aprile 2020, dunque prima del provvedimento ponte del 06.03.2020 che ha revocato tutti gli esperimenti di vendita fissati tra il 09.03.2020 ed il 31.07.2020, il professionista delegato, ai fini dell’emissione del decreto di trasferimento, dovrà richiedere indicazioni al G.E.

 

Tale previsione trova la sua giustificazione nella diversità di opinioni fra i Giudici della Sezione sull’applicabilità della sospensione ex art. 54 ter D.L. 18/2020 agli immobili aggiudicati:

 

 

 

  • l’opinione prevalente, che ritiene che la sospensione si applica anche al termine per il pagamento del saldo prezzo, ritiene conseguentemente che, anche se il saldo prezzo sia stato pagato nel periodo di sospensione, non sia possibile pronunciare il decreto di trasferimento prima del 31 ottobre 2020 (ora 31 dicembre 2020) In tale eventualità. ai fini della determinazione del termine per il versamento del saldo prezzo, si deve tenere conto della sospensione dei termini dal 09.03.2020 all’11.05.2020;
  • una diversa opinione ritiene, invece, che la sospensione non opera con riferimento ai compendi già aggiudicati alla data del 30 aprile 2020. In tal caso, ai fini della determinazione del termine per il versamento del saldo prezzo si dovrà tenere conto solo della sospensione dei termini dal 09.03.2020 all’11.05.2020.

 

 

 

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§ - VENDITE DELEGATE TELEMATICHE

 

Il decreto del 23.06.2020 contenente disposizioni uniformi per le vendite delegate telematiche, depositato telematicamente dalle cancellerie in tutte le procedure esecutive immobiliari ed i giudizi di divisione endoesecutivain cui sono state emesse le ordinanze di autorizzazione della vendita in modalità telematica, contiene disposizioni analoghe a quelle contenute nel decreto relativo alle vendite analogiche illustrate nel paragrafo che precede.

 

Si rimanda, pertanto, a quanto ivi esposto e, per il dettaglio, al testo del decreto.

 

 

 

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§ - PROCEDURE NON IN VENDITA

 

Il decreto del 23.06.2020 contenente disposizioni uniformi per le procedure non in vendita, depositato telematicamente dalle cancellerie in tutte le procedure esecutive immobiliari assegnate che pendono in fase anteriore alla celebrazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c. e/o 600 c.p.c., ha distinto e disciplinato due ipotesi (A – B), prevedendo, per l’ipotesi sub. lett. A), quattro casi.

 

A)    pignoramenti in danno delle sole persone fisiche aventi ad oggetto beni immobili e loro pertinenze destinati a dimora abituale della parte esecutata desumibile sulla base delle sole risultanze agli atti della procedura, tenuto conto della possibile operatività della sospensione ex lege di cui all’art. 54 ter D.L. 18/2020.

 

 

 

1)      procedure esecutive iscritte a ruolo e con udienza ex art. 569 c.p.c. e/o 600 c.p.c. fissata in data successiva al 30 ottobre 2020 (ora 31 dicembre 2020)

 

·         il creditore munito di titolo esecutivo più diligente – non prima del 31 ottobre 2020  (ora 31 dicembre 2020) deve depositare un ricorso in riassunzione o, in alternativa, una nota che attesta che ladestinazione abitativa del bene pignorato risulta mutata alla data del 30 aprile 2020 rispetto a quella emergente dagli atti del fascicolo, vale a dire una nota che attesta che il creditore ha acquisito notizia certa della modifica dello stato di occupazione per l’allontanamento spontaneo della parte esecutata;

 

·         depositato il ricorso in riassunzione il creditore deve notificare detto ricorso unitamente al provvedimento che aveva già fissato l’udienza ex art. 569 c.p.c.  e/o 600 c.p.c. ed al decreto del 23.06.2020 (quest’ultimo da intendersi confermativo, ora per allora, dell’udienza già fissata), a tutte le parti costituite, al debitore non costituito presso la cancelleria ed agli ausiliari. Provvederà, altresì, a depositare nel fascicolo telematico della relativa procedura la prova dell’avvenuta notifica;

 

·         tutti gli ausiliari nominati, tenuti ad astenersi dal compiere le attività loro proprie fino al 30 ottobre 2020 (ora 31 dicembre 2020), le riprenderanno solo a far data dalla notifica da parte del creditore procedente più diligente del predetto ricorso in riassunzione;

 

·         qualora non sia possibile procedere alla notifica del ricorso in riassunzione perché è troppo breve il tempo che intercorrerebbe tra il deposito del ricorso e l’udienza già fissata, quest’ultima resta comunque confermata e sarà il Giudice dell’Esecuzione in tale udienza ad impartire i provvedimenti necessari alla prosecuzione della procedura;

 

 

 

2)      procedure esecutive con udienza ex art. 569 c.p.c. e/o 600 c.p.c.  fissata in data precedente al 30 ottobre 2020 (ora 31 dicembre 2020)

 

·         nel caso in cui l’udienza si dovesse effettivamente tenere sarà il G.E. nel contraddittorio delle parti a valutare se trova applicazione o meno l’art. 54 ter;

 

·         nell’eventualità in cui l’udienza dovesse essere rinviata d’ufficio a data successiva al 30 ottobre 2020 (ora 31 dicembre 2020) secondo i criteri dettati dal richiamato decreto n. 45 del 18.06.2020, per la prosecuzione si dovranno rispettare le indicazioni esposto nel punto 1) che precede.

 

 

 

3)      procedure esecutive nelle quali sia già stata dichiarata la sospensione ex art. 54 ter D.L. 18/2020

 

·         i creditori muniti di titolo provvederanno alla riassunzione della procedura con ricorso da depositarsi ex art. 627 c.p.c. a decorrere dal 31 ottobre 2020 (ora 02 gennaio2021) nel temine perentorio di legge.

 

 

 

4)       procedure esecutive non ancora fissate al ruolo di udienza

 

·         il creditore munito di titolo più diligente provvede a depositare un ricorso in riassunzione – non prima del 30 ottobre 2020 (ora non prima del 31 dicembre 2020) o, in alternativa, una nota che attesta che ladestinazione abitativa del bene pignorato risulta mutata alla data del 30 aprile 2020 rispetto a quella emergente dagli atti del fascicolo, vale a dire una nota che attesta che il creditore ha acquisito notizia certa della modifica dello stato di occupazione per l’allontanamento spontaneo della parte esecutata;

 

·         entro venti giorni dalla comunicazione da parte della cancelleria del primo provvedimento con il quale il G.E. , dopo il deposito del ricorso in riassunzione, abbia fissato udienza (a qualunque titolo), il creditore dovrà notificare a tutte le parti tale provvedimento unitamente al ricorso in riassunzione.

 

 

 

B)     pignoramenti diversi da quelli indicati sub lett. A) che precede, perché riguardano beni immobili e loro pertinenze abitati da soggetti diversi dalla parte esecutata, anche se congiunti a quest’ultima, e/o occupati dalla parte esecutata per destinazioni diverse dalla dimora abituale, e/o occupati ovvero condotti in locazione da terzi e/o pignorati ai danni di persona giuridica (a prescindere dalla destinazione abitativa cui gli stessi siano adibiti) e/o già liberi prima del 30 aprile 2020

 

·         I fascicoli relativi a tali procedure, in forza delle indicazioni di cui al richiamato decreto n. 45 del 18 giugno 2020, contenente anche una tabella delle graduazioni delle urgenze, verranno esaminati a far data dal 31 ottobre 2020.

 

 

 

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Il richiamato decreto del 30.10.2020 “ …tenuto conto delle circolari del Ministro della Salute in merito alle indicazioni per la durata e il termine dei regimi di isolamento e quarantena relativi alla nota emergenza sanitaria da SARS-COV-2”, ha altresì stabilito che:

 

-          il custode, se riceve dal debitore esecutato documentazione che attesta lo stato di isolamento e/o quarantena di alcuno di coloro che occupano l’immobile in vendita, è tenuto a rinviare l’accesso per le visite già prenotate ad una data successiva a venti giorni decorrenti dalla data di inizio dell’isolamento e/o quarantena o, in caso di loro proroga, a data successiva alla cessazione di quest’ultima (punto 2);

 

-          il custode se, a causa del rinvio necessitato dall’eventualità prevista al punto 2) che precede, prima della data fissata per lo svolgimento dell’esperimento di vendita non riesca ad evadere tutte le richieste di visita ricevute, deve informarne il G.E. con apposita relazione da comunicarsi con sollecitudine, sempre a cura dell’ausiliario, al professionista delegato unitamente al decreto del 30.10.2020 (punto 3);

 

-          nell’eventualità prevista al punto 3) che precede l’esperimento di vendita fissato dovrà intendersi revocato in forza del decreto del 30.10.2020, a valere ora per allora (punto 4);

 

-          il professionista delegato, una volta che avrà ricevuto la relazione del custode con allegato il decreto del 30.10.2020 ed in considerazione dell’avvenuta revoca dell’esperimento di vendita (punti 3 e 4 che precedono), provvederà a redigere verbale di “vendita ineseguita”. Contestualmente, dovrà altresì rifissare l’esperimento rinnovato in data prossima al termine massimo stabilito dalla legge (120 giorni per il primo esperimento di vendita e 90 giorni per gli esperimenti successivi al primo decorrenti dall’emissione dell’ordinanza di vendita) e dovrà dare disposizioni al gestore delle vendite affinché provveda con sollecitudine a restituire le cauzioni versate.

 

 

 

 

 

 

BREVE DISAMINA SUI CREDITI DETERIORATI

 

NPL – Non Performing Loan - UTP – Unlikely To Pay UTP– CreditiForborne -

 

Attività di Due Diligence e cessione dei crediti. La gestione di portafoglio di crediti.

 

Ultime riforme legislative in materia ed effetti dell’emergenza epidemiologica Covid-19

 

 

 

 

I CREDITI DETERIORATI

 

 

 

La locuzione “crediti deteriorati”meglio noti come “non performingloans” o in forma abbreviata NPL, è utilizzata nel gergo bancario per intendere tutti quei crediti vantati dagli istituti di credito e che sono strettamente collegati ai rapporti intercorrenti con i clienti, siano questi persone fisiche o persone giuridiche. Si tratta, ad esempio, di crediti derivanti dall’erogazione di un mutuo, sia esso fondiario e/o ipotecario, finanziamenti chirografari e/o ipotecari, prestiti, anticipazioni bancarie ecc., che i correntisti non riescono più a ripianare, secondo quanto pattuito nei singoli rapporti, e che quindi diventano veri e propri debiti per questi ultimi e diventano, appunto, crediti per le banche e gli istituti di credito in generale. Detti crediti, come ogni tipologia di credito, sono di incerta recuperabilità, per plurime ragioni, quali, ad esempio, la tempistica di recupero e l’ammontare dell’importo recuperabile.

 

 

 

La crescita dei crediti deteriorati ha reso il tema di centrale rilevanza non solo per le banche, ma anche per le Autorità, le quali, nel 2013, sono intervenute a livello normativo per uniformare il concetto di non-performingexposure tra i vari paesi dell’Unione Europea, ognuno dei quali presentava una definizione differente.

 

La definizione regolamentare di credito deteriorato è attualmente disciplinata dalle disposizioni introdotte a livello comunitario dall’ EBA (l'Autorità Bancaria Europea che è un organismo dell'Unione Europea che dal 1º gennaio 2011 ha il compito di sorvegliare il mercato bancario europeo. Ad essa partecipano tutte le autorità di vigilanza bancaria dell'Unione europea).

 

Il processo di omogeneizzazione condotto dell’EBA risale al 2013 ed è culminato con la pubblicazione del documento EBA «FinalDraftImplementing Technical Standards On Supervisory reporting on forbearance and non performingexposures under article 99 4 of Regulation ( No 575 2013 )».

 

Il Paragrafo 145 dell’Allegato V delle Norme tecniche di attuazione dell’EBA sulla segnalazione di Vigilanza afferma, ad esempio, che sono considerate deteriorate le esposizioni che soddisfano uno dei seguenti criteri o entrambi

 

1. esposizioni rilevanti scadute da oltre 90 giorni

 

2. esposizioni per le quali è considerato improbabile che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie senza ricorrere all’escussione delle garanzie, indipendentemente dall’esistenza di importi scaduti o dal numero di giorni di arretrato.

 

 

 

In Italia, prima del 2013 i crediti deteriorati, secondo le indicazioni previste all’interno della matrice dei conti[1], venivano classificati in quattro distinte categorie:

 

1. Sofferenze (o crediti in sofferenza)

 

2. Partite incagliate (o incagli)

 

3. Esposizioni ristrutturate (o crediti ristrutturati)

 

4. Esposizioni scadute e/o sconfinanti

 

 

 

La classificazione in una delle quattro categorie variava a seconda delle caratteristiche del

 

credito nonché della tipologia di problemi ad esso connessi.

 

 

 

In Italia, le novità introdotte dall’EBA sono state recepite con la Circolare n 272 del 30 luglio 2008 (Fascicolo «Matrice dei conti») aggiornamento del 20 gennaio 2015[2] ed oggi è possibile individuare due categorie:

 

1)      Non PerformingExposures (ossia le esposizioni creditizie deteriorate che si suddividono in sofferenze, inadempienze probabili ed esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate)

 

2)      Non PerformingExposureswith forbearancemeasuresossia le esposizioni oggetto di concessioni (in tal caso la controparte è già classificata in una delle sottocategorie di crediti deteriorati al momento della concessione o la concessione comporta una classificazione della controparte tra i crediti deteriorati).

 

 

 

Andando nello specifico, possiamo dunque, esaminare nel dettaglio i seguenti crediti deteriorati:

 

1)      UTP – Unlikely To Pay - UTP – meglio note come inadempienzeprobabili;

 

2)      Sofferenzebancarie;

 

3)      Esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate;

 

4)      Crediti Forborne.

 

 

 

1)      UTP – Unlikely To Pay o cosiddetti Incagli

 

Si tratta di situazioni di indebitamento non gravi e comunque recenti e che potrebbero essere temporanee. Si parla di “Unlikely to pay” per intendere quella situazione appunto di improbabilità, incertezza. Tradotto in italiano, significa, improbabile che paghi. Dunque, vi sono delle difficoltà in atto. Detta situazione non è irrimediabile, ma dinanzi a tale situazione, l’istituto di credito, normalmente, contattata il cliente per renderlo edotto che si sono verificate le prime inadempienze, invitandolo bonariamente a saldare il debito sino ad allora maturato. Molto spesso, in ipotesi del genere, si tratta di un termine negoziato da 10 a 14 mesi per ripianare il debito.

 

La posizione non è ancora passata a sofferenza. Lo diviene se perdura lo stato di insolvenza.

 

 

 

2)      Sofferenze bancarie

 

 La cosiddetta “sofferenza bancaria” è quella particolare condizione che può interessare tanto le persone fisiche, quanto le persone giuridiche e si ha allorquando il soggetto in questione, indebitato, si trovi in uno stato definitivo di totale impossibilità, presente o futura, di adempiere alle proprie obbligazioni.

 

Di norma, la banca, in via preliminare, comunica al cliente, tramite raccomandata a/r, la sua posizione, chiede che vengano restituiti entro 15 giorni tutti i crediti e lo avverte che, in caso di inottemperanza entro il suddetto termine, l’istituto provvederà alla segnalazione ufficiale di stato di sofferenza alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italia. Questo significa che tutte le altre banche verranno a conoscenza della situazione in cui versa il cliente, compromettendo eventuali futuri rapporti tra quest’ultimo ed altri istituti di credito.

 

 

 

3)      Esposizioni scadute e/o sconfinanti

 

Sono esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili) che sono scadute o eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una predefinita soglia di rilevanza.

 

 

 

4)      Forborne

 

I crediti Forborne sono crediti in bonis o deteriorati oggetto di concessioni, forbearance, da parte della banca:

 

Non-Performing Exposures wit forbearance measures

 

ForbornePerformingExposures

 

 

 

Trattasi di concessione riconosciuta aldebitore quando si verificano, congiuntamente o anche alternativamente, le seguenti condizioni:

 

Ø  Una modifica dei termini e delle condizioni del contratto originario che il debitore non è in grado di rispettare a causa di difficoltà finanziarie che determinano una insufficiente capacità di servizio del debito, e che non sarebbe stata concessa se il debitore non si fosse trovato in detta situazione.

 

Ø  Un rifinanziamento totale o parziale di un debito problematico, che non sarebbe stato concesso se il debitore non si fosse trovato in difficoltà finanziaria.

 

La valutazione dello stato di difficoltà finanziaria (forborne: se il cliente non fosse stato in difficoltà la banca non lo avrebbe rifinanziato) viene determinato in base a due differenti criteri:

 

Ø  Da una presunzione assoluta – vi rientrano le moratorie attuate dall’Associazione Bancaria Italia (ABI) o dal Ministero delle Finanze (MEF), il piano famiglie, la rinegoziazione dei finanziamenti agrari ed il concordato preventivo (art. 182 bis L. Fallimentare).

 

Ø  Da una presunzione relativa che richiede una verifica dello stato di difficoltà finanziaria del debitore attraverso l’esame delle anomalie restituite dalle diverse procedure informatiche delle banche sia a livello di singolo rapporto del cliente (dati economici e patrimoniali) o di gruppo concesso al livello economico/giuridico, che attraverso l’utilizzo di banche dati informatiche quali la Centrale Rischi gli archivi pubblici delle conservatorie e dei tribunali.

 

 

 

LA GESTIONE DEI CREDITI

 

La gestione dei crediti deteriorati poggia su tre principali strategie che possono essere implementate dalle banche:

 

1. La gestione interna (il credito rimane iscritto nell’attivo patrimoniale)

 

a) gestione in house tout court

 

b) outsourcing oservicing interno

 

2. La gestione esterna (anche in questo caso il credito rimane iscritto nell’attivo patrimoniale)

 

a) outsourcing o servicing esterno

 

3.La cessione (trasferimento dei crediti con conseguente cancellazione degli stessi dal bilancio)

 

a) cartolarizzazione

 

b) cessione diretta

 

 

 

La gestione interna ed esterna

 

Strategie che implicano il mantenimento in bilancio dei crediti deteriorati non hanno come obiettivo quello di cedere i crediti a soggetti terzi, bensì quello di massimizzare il valore recuperabile dai crediti mediante una gestione in prima linea

 

-          La gestione in house, tecnica di gestione diretta dei deteriorati da parte della banca

 

-          L’outsourcing o servicing interno tecnica di gestione che prevede la creazione di un’entità ad hoc la quale, dotata di personalità giuridica e controllata direttamente dalla banca, si focalizza attentamente sulla gestione delle NPE

 

-          L’outsourcing o servicingesterno tecnica di gestione con la quale la banca delega la gestione dei crediti deteriorati, per suo conto e in suo nome, ad un soggetto terzo. Con il servicingesterno, la banca esternalizza la gestione dei deteriorati, senza che vi sia la cessione diretta dei crediti

 

La cessione

 

La cessione è la tecnica che comporta lo smobilizzo dei crediti deteriorati da parte della banca.

 

Sono due le modalità mediante le quali può avvenire tale smobilizzo.

 

1. la cartolarizzazione del credito è un'operazione finalizzata alla creazione di titoli negoziabili. Tali titoli derivano i flussi di cassa che stanno a fronte della remunerazione che essi forniscono ai sottoscrittori da un pool di attività tipicamente illiquide (prestiti, crediti commerciali, immobili). A garanzia degli investitori, tale pool di attività assume soggettività autonoma rispetto all'originario proprietario degli asset e a tale scopo le attività sono conferite a un'entità speciale appositamente creata per tale scopo (Special PurposeVehicle, SPV).

 

2. la cessione diretta del credito.

 

Nello scegliere una di queste due modalità di cessione, la banca decide di eliminare contabilmente il credito dal bilancio, il quale, di conseguenza, non viene più iscritto nell’attivo patrimoniale.

 

Questa tecnica è, in termini strategici, opposta alla gestione interna ed esterna. La differenza principale riguarda sicuramente il mantenimento o meno del credito iscritto in bilancio.

 

 

 

La valutazione dei crediti deteriorati è condotta attraverso la stima degli importi di recupero associati al singolo rapporto e delle relative date di incasso. La valutazione viene espressa al netto della stima degli oneri attesi per la conclusione delle attività di recupero direttamente correlati al rapporto (alle spese legali) e ai costi di servicing.

 

In base alla tipologia del credito, per la valutazione di portafogli NPE possono essere utilizzate diverse metodologie

 

-           valutazione analitica

 

-           valutazione statistica

 

-           valutazione mediante curve di recupero benchmark

 

 

 

Utilizzando in modo combinato le tre metodologie di valutazione precedentemente evidenziate e attualizzando i flussi di cassa netti relativi ad ogni singolo rapporto (ad un determinato tasso di rendimento atteso per l’investimento) viene definito il pricing del portafoglio NPE oggetto di acquisizione.

 

Il pricing del portafoglio NPE deriva dalla definizione di un business plan di recupero delle posizioni deteriorate.

 

Definito il business plane il pricing del portafoglio NPE, è necessario monitorare le performance di recupero al fine di presidiare il rischio di credito a cui un operatore che acquista NPE si espone.

 

 

 

Monitorare nel continuo l’andamento dell’attività di recupero, il rispetto delle stime dei tempi di recupero e, di conseguenza, gli scostamenti rispetto al business plan ipotizzato (da cui deriva il valore dei crediti deteriorati iscritti in bilancio) è di cruciale importanza per gli effetti che i ritardi/anticipi degli incassi previsti sui portafogli non performing determinano sui risultati economici, finanziari e patrimoniali dell’investitore.

 

 

 

LA DUE DILIGENCE

 

L'espressione inglese due diligence(in italiano: diligenza dovuta) indica l'attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all'oggetto di una trattativa. Il fine di questa attività è quello di valutare la convenienza di un affare e di identificarne i rischi e i problemi connessi, sia per negoziare termini e condizioni del contratto, sia per predisporre adeguati strumenti di garanzia, di indennizzo o di risarcimento.

 

La Due Diligenceconsiste in un’attività volta a raccogliere e verificare le informazioni fiscali, patrimoniali, economiche di un soggetto (sia persona fisica che persona giuridica) al fine di stabilire elementi di fattibilità o criticità in relazione ad operazioni straordinarie. L’attività di due diligence può essere necessitata tanto da una erogazione di credito, e dunque, le attività di raccolta e verifica delle informazioni sono prodromiche all’erogazione medesima, o viceversa, può essere necessitata in una fase successiva, ovvero la raccolta e la verifica delle informazioni avviene ex post, quando già ci sia stata una cessione di crediti erogati e si voglia determinare quanto ad esempio il portafoglio di crediti acquistato può o potrà “fruttare” in termini economici.

 

In termini più strettamente finanziari, il termine due diligence indica quell’insieme di attività svolte dall’investitore, necessarie per giungere ad una valutazione che comprenda anche i rischi di un eventuale fallimento dell’operazione e delle sue potenzialità.

 

Essa consiste nell’analisi di tutte le informazioni relative al debitore oggetto di studio, con particolare riferimento alla struttura societaria ed organizzativa, all’attività da essa svolta, al mercato, ai fattori critici, alle strategie commerciali, alle procedure gestionali e amministrative, ai dati economici e finanziari nonché agli aspetti fiscali e legali se trattasi di persona giuridica. Viceversa, se trattasi di persona fisica l’attenzione verrà posta sull’utile aggredibilità del debitore, redditi percepiti, possidenza di immobili, ed in generale l’analisi è fortemente concentrata sulla sussistenza o meno di garanzie reali, personali, consortili che assistono il soggetto debitore.

 

La finalità della due diligence, quindi, è quella di accertare, attraverso un’approfondita raccolta di informazioni, se sussistano o meno le condizioni di fattibilità di una determinata operazione, costruendo al contempo una solida base per la negoziazione delle condizioni contrattuali dell’operazione medesima.

 

Gli obiettivi di tale procedura possono essere i più svariati e vanno, ad esempio, dal vagliare possibili operazioni di acquisizione di partecipazioni al valutare la realizzabilità di operazioni straordinarie.

 

Esistono due tipi di due diligence:

 

1)      Due Diligence preventiva o acquisitiva (cd. pre-acquisition due diligence), cioè l’attività di indagine svolta nella fase antecedente alla chiusura dell’operazione, che ha l’obiettivo di validare (o meno) l’intenzione del possibile compratore di procedere all’acquisizione, le modalità operative e gli strumenti giuridici più efficienti, nonché contribuire alla definizione di aspetti fondamentali quali ad esempio l’effettiva situazione economica, finanziaria e patrimoniale del target, l’efficienza organizzativa e la qualità delle risorse umane, “preparando il terreno” per la successiva negoziazione del corrispettivo, delle garanzie contrattuali e degli indennizzi a beneficio del compratore.

 

Una ulteriore distinzione nell’ambito delle due diligence preventive è rappresentata dal numero di potenziali acquirenti coinvolti nell’operazione di acquisizione. Si possono avere infatti una pluralità di possibili compratori posti in concorrenza tra di loro (cd. acquisizioni competitive) ovvero un normale processo di negoziazione tra un unico potenziale acquirente ed il venditore.

 

Nel primo caso l’attività di due diligence sarà molto proceduralizzata, con la messa a disposizione per un lasso temporale definito della medesima documentazione, disciplinata attraverso il cd. regolamento di data room, in modo da permettere la parità di trattamento tra i concorrenti.

 

Nel secondo caso invece l’esecuzione dell’attività e le modalità di richiesta ed analisi della documentazione potranno essere molto più flessibili e meno “regolate”.

 

2)      La due diligence successiva (cd. post-acquisition due diligence), meno frequente, è di solito limitata agli aspetti contabili con la conseguenza che, di regola, eventuali difformità permetteranno all’acquirente, sulla base dell’accordo di acquisizione sottoscritto, di attivare procedure di rettifica in diminuzione o in aumento del prezzo pattuito (priceadjustment) ovvero, nei casi più gravi, di non addivenire al contratto definitivo oppure di richiederne la risoluzione.

 

 

 

Nel settore delle Due diligence, in Italia vi è stato un importante intervento normativo risalente al 2016, anno in cui è stato introdotto un sistema di garanzia pubblica, la c.d. GACS (“Garanzia sulla Cartolarizzazione delle Sofferenze”), al fine di incoraggiare la cessione da parte delle banche dei crediti in sofferenza. L'obiettivo del programma è garantire la nota senior (con almeno un rating pari a BBB emessa nel contesto di una cartolarizzazione di crediti in sofferenza).

 

Le GACS sono garanzie concesse dallo Stato finalizzate ad agevolare lo smobilizzo dei crediti in sofferenza dai bilanci delle banche e degli intermediari finanziari aventi sede legale in Italia.

 

La garanzia è concessa dal Ministero dell’economia e delle finanze sulle passività emesse nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione (art 1 L 130 1999) a fronte della cessione da parte delle banche dei crediti in sofferenza a una Società veicolo (“SPV”).

 

La GACS incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta copre i detentori dei Titoli senior

 

per l’ipotesi di mancato pagamento delle somme dovute per capitale e interessi.

 

Dunque, alle banche che ne fanno richiesta lo Stato fornisce una garanzia sulle tranche senior nell'ambito delle operazioni di cartolarizzazione di crediti non performanti. Con la cartolarizzazione, una banca trasforma i propri stock di crediti in altri titoli negoziabili sul mercato. In altre parole, una banca prende tutti i suoi crediti deteriorati, li impacchetta e li divide in diverse tranche. Tipicamente senior, mezzanine e junior, ognuna di esse con il proprio profilo di rendimento-rischio. Quella senior è quella che contiene le esposizioni di migliore qualità, che presumibilmente otterranno rimborsi maggiori. Esse sopportano per ultime le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. la GACS appunto.

 

Per beneficiare della GACS, la cartolarizzazione deve avere, tra l'altro, le seguenti caratteristiche:

 

1)      prezzo di trasferimento dei crediti deteriorati: i crediti ceduti devono essere trasferiti all’SPV per un importo non superiore al loro valore contabile netto (valore lordo al netto degli accantonamenti)

 

2)      gestione dei crediti deteriorati: affidata ad un soggetto distinto dal cedente e non appartenente al suo gruppo (NPE Servicer)

 

3)      chiara subordinazione: l’SPV deve emettere tranche di ABS (Asset-backed securityè uno strumento finanziario, un'obbligazione negoziabile o trasferibile emessa a fronte di operazioni di cartolarizzazione) con diritto della classe junior a ricevere il rimborso del capitale, il pagamento degli interessi o altra forma di remunerazione solo dopo il rimborso integrale dei titoli di classe senior

 

4)      rating: i titoli senior devono possedere un livello di rating (strumento che serve proprio per valutare il rischio delle imprese nel momento in cui le stesse imprese chiedono dei finanziamenti sia sotto forma di titoli che di obbligazioni. Il suo valore viene espresso in lettere ed in base a questo viene stabilito una sorta di “premio del rischio”, che deve essere richiesto all’azienda per un determinato investimento) assegnato da un’agenzia esterna di valutazione del merito del credito, non inferiore all’ultimo grado della scala di valutazione del merito di credito investment grade.

 

 

 

 

 

 

 

ASPETTI PROCESSUALI:

 

LA TUTELA DEL CREDITO NELLE PROCEDURE ESECUTIVE E CONCORSUALI. MODIFICHE LEGISLATIVE RECENTI: EFFETTI E CONSEGUENZE

 

 

 

La tutela del credito, ovviamente, non può prescindere dall’attività processuale. Tuttavia, prima di avviare un’azione volta al recupero del credito, l’istituto di credito dovrà preliminarmente inviare una comunicazione che viene denominata “revoca degli effetti”. Con la revoca si ha il cosiddetto passaggio a contenzioso e si comunica il recesso dai rapporti bancari intrattenuti dal correntista. Allo stesso tempo viene eseguita la segnalazione alla CRIF - meglio nota come Centrale Rischi Finanziari - che fornisce supporto all'erogazione e alla gestione del credito al consumo, offrendo informazioni di referenza creditizia per la previsione e il controllo dei rischi finanziari. A detta revoca poi segue la vera e propria messa in mora, con la quale la banca comunica l’importo del debito maturato dal cliente, la tempistica concessa per il pagamento, e ove previsto comunica la decadenza dal beneficio del termine ex art. 1186 c.c.

 

Fatto questo passaggio, il creditore potrà avviare l’azione idonea alla tutela del singolo credito.

 

Nel campo processuale il legislatore italiano, negli ultimi anni, è intervenuto con plurime modifiche sia nelle procedure esecutive che in quelle concorsuali.

 

A titolo esemplificativo si richiamano:

 

D.L. 83/2015 convertito con L. 132/2015

 

D.L. 59/2016 convertito con L. 119/2016.

 

Alcuni interventi sono stati realizzati proprio a tutela del creditore, altri, invece sembra siano stati realizzati a tutela del debitore.

 

A titolo esemplificativo si pensi a:

 

1)      La revocatoria semplificata: la vendita del bene o la costituzione di qualsiasi vincolo NON ha effetto nei confronti del creditore che trascriva il pignoramento ENTRO L’ANNO; analogamente per il creditore che intervenga nella esecuzione promossa da altri entro un anno dalla trascrizione.

 

2)      Ai requisiti dell’atto di precetto: deve essere inserito il seguente avviso «il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con altri creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore».

 

3)      Alla pubblicità delle vendite: è prevista un’area speciale sul sito web del Ministero della Giustizia denominata «portale delle vendite pubbliche».

 

4)      Pagamento rateizzato nella vendita forzata: il versamento del prezzo può essere rateizzato entro il termine massimo di 12 MESI.

 

5)      L’avvento del processo telematico anche nelle procedure esecutive, siano esse mobiliari o immobiliari.

 

6)      la chiusura della esecuzione senza vendita: effettuati n. 3 tentativi di vendita senza esito positivo, in assenza di altre istanze, il giudice potrà chiudere la procedura esecutiva.

 

7)      La durata dell’efficacia del pignoramento che è stata dimezzata da 90 a 45 giorni.

 

 

 

Nello specifico poi, nell’ambito dell’esecuzione immobiliare sono state apportare rilevanti modifiche:

 

1)      La conversione del pignoramento immobiliare: la durata della rateizzazione per la conversione del pignoramento viene portata da 18 a 36 mesi.

 

2)      Il termine per il deposito della documentazione ipocatastale: il termine per il deposito della documentazione di cui all’art. 567 c.p.c. viene ridotto della metà (da 120 a 60 giorni).

 

3)      la vendita: la vendita all’incanto viene considerata una scelta residua. Le offerte di acquisto pari al valore dell’immobile vengono subito accettate, ed a parità di prezzo viene accolta l’offerta depositata per prima. Inoltre, ai fini della individuazione della migliore offerta, il giudice tiene conto dell’entità del prezzo, delle cauzioni prestate, delle forme, dei modi e dei tempi del pagamento.

 

4)      L’assegnazione: effettuata dopo il secondo tentativo di vendita.

 

5)      La pubblicità: se non viene effettuata la prescritta pubblicità della vendita nei termini il processo esecutivo si estingue.

 

 

 

Si pensi poi alle modifiche eseguite nell’ambito dell’esecuzione presso terzi

 

1)      La pignorabilità delle pensioni: non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La rimanente parte è pignorabile nella misura di 1/5.

 

2)      Pensioni e stipendi accumulati in Banca: per i depositi già formati, quindi anteriormente al pignoramento, verranno pignorati nella misura eccedente il triplo dell’assegno sociale (per quelli successivi torna la solita norma del quinto della differenza dell’assegno sociale).

 

3)      Trattenuta del terzo: le norme che impongono al terzo debitore di trattenere le somme pignorate si adeguano a quanto sopra riportato, cancellando la norma che prende a riferimento la somma del credito precettato aumentata della metà.

 

 

 

Viceversa, nell’ambito delle procedure concorsuali vi sono stati interventi legislativi mirati e afferenti alle procedure fallimentari e concorsuali.

 

In particolare, nelle procedure di concordato si raggruppano le seguenti, importanti, modifiche:

 

1)      Obbligo di assicurare un realizzo non inferiore al 20% per i creditori chirografari in caso di piano di tipo liquidatorio

 

2)      Finanziamenti all’impresa in concordato: il debitore che ha presentato domanda di ammissione al CP potrà continuare a chiedere finanziamenti per necessità urgenti che saranno poi inseriti tra i prededucibili; in questo modo l’attività potrà essere portata avanti nonostante la crisi in atto.

 

3)      Proposte concorrenti: Il debitore che non proponga ai creditori chirografari il pagamento di almeno il 40% (in caso di concordato liquidatorio) o del 30% (in caso di concordato in continuità), può vedere il proprio piano messo in concorrenza con altri migliorativi o diversi provenienti da uno o più creditori che rappresentino almeno il 10% dei crediti; sarà poi il voto della massa dei creditori a stabilire quale ipotesi verrà attuata.

 

4)      Offerte concorrenti: qualora il piano concordatario dovesse prevedere la vendita dell'azienda, di un suo ramo o di beni aziendali specifici, si aprirà un procedimento competitivo per cercare altri interessati all’acquisto, allo scopo di ottenere un ricavo maggiore.

 

5)      Sospensione o scioglimento dei contratti: il debitore con il deposito della domanda di CP può chiedere di «sciogliersi» dai contratti di esecuzione.

 

 

 

Nelle procedure fallimentari si raggruppano i seguenti interventi normativi:

 

1)      Il curatore fallimentare: non potrà essere nominato chi abbia svolto l’incarico di commissario giudiziale in relazione a procedura di concordato per lo stesso debitore.

 

2)      Termine per la liquidazione dell’attivo: entro 2 anni dovrà essere conclusa la fase di liquidazione dell’attivo (il mancato rispetto può portare alla revoca del curatore).

 

3)      Cause in corso: la chiusura del fallimento non sarà più impedita dalla pendenza di giudizi, rispetto ai quali il curatore può mantenere la legittimazione processuale.

 

4)      Vendita dei beni: come per le procedure esecutive, anche nella vendita dei beni del fallimento il pagamento potrà essere rateizzato.

 

 

 

 

 

 

 

INTERVENTI NORMATIVI PER LA GESTIONE DELLA CRISI D’IMPRESA: SOLUZIONI STRAGIUDIZIALI

 

 

 

Il legislatore italiano ha introdotto rilevanti modifiche anche nell’ambito di quelle procedure che pur avendo ad oggetto la crisi di un’impresa, sono procedure nelle quali è il recupero dell’impresa in crisi ad assumere posizione prioritaria.

 

In queste procedure la finalità liquidatoria si pone solo come fase eventuale – e dunque possibile ma, comunque, non esclusiva – ma subordinata alla previa verifica della recuperabilità dell’impresa.

 

La strada seguita dal Legislatore è stata quella di separare la procedura della gestione dell’insolvenza in senso tecnico dalla fase preliminare a quest’ultima, caratterizzata dalla manifestazione di segni premonitori di uno stato di crisi in cui l’insolvenza non si presentain modo conclamato.

 

In particolare, sono state individuate le seguenti procedure finalizzate a risanare l’impresa in crisi disciplinate in primis nella legge fallimentare ma oggi trovano la loro completa disciplina nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14) che è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2019 - Supplemento Ordinario n. 6. La nuova disciplina, come previsto dall’art. 389 d.lgs. 14/2019, doveva entrare in vigore decorsi diciotto mesi dalla data della sua pubblicazione in G.U., tuttavia, il d.l. 2 marzo 2020, n. 9 (“Misure urgenti per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”) ha espressamente stabilito che il Codice della Crisi entrerà in vigore il 01/09/2021. 

 

Ma vediamo quali sono le “soluzioni stragiudiziali” riconosciute nell’attuale ordinamento:

 

1)      L'accordo di ristrutturazione dei debiti

 

L’accordo di ristrutturazione dei debiti (artt. 182 bis ss. legge fall.) rappresenta un mezzo di risanamento a cui l’impresa in crisi ricorre per tentare di ridurre l’esposizione debitoria ed assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria. È soggetto all’omologazione del Tribunale, ma si tratta comunque di uno strumento negoziale, tenuto conto del fatto che la sua ratio è quella di consentire il salvataggio dell’impresa e di sanare la crisi, garantendo ai creditori non aderenti l’integrale soddisfazione del credito. Con l’accordo di ristrutturazione è l’imprenditore stesso che continua a dirigere la propria impresa e – su istanza di parte – il suo patrimonio è assistito da alcune tutele (come il blocco delle azioni esecutive e cautelari), per consentirgli di realizzare il risanamento.

 

Si fonda, dunque, su un accordo con tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti e sulla relazione di un professionista che ne attesta l'attuabilità anche in ordine alla tempistica da rispettare per la buona riuscita dell’accordo.

 

Il contenuto dell'accordo con i creditori aderenti, anche di crediti tributari e previdenziali, è liberamente determinabile mentre a quelli non aderenti si deve assicurare l'integrale pagamento nei termini fissati dalla legge.

 

Il D.L. 83/15 ha poi di fatto introdotto un nuovo particolare “accordo di ristrutturazione” dei debiti (art. 182 septies L.F.) con effetti per banche e intermediari finanziari.

 

Qualora l'impresa in crisi abbia contratto debiti verso intermediari finanziari pari almeno al 50% dell'indebitamento complessivo, può individuare per tali creditori finanziari categorie omogenee, all'interno delle quali l'approvazione del 75% (del credito della categoria) rende efficace e vincolante l'accordo per tutti i membri del gruppo (fermo restando l'integrale pagamento dei creditori non-finanziari).

 

2)      Il piano attestato di risanamento

 

È uno strumento totalmente nelle mani dell’imprenditore per risanare l’impresa e riportarla in equilibrio economico e finanziario, attraverso la realizzazione di una serie di operazioni strategiche, senza che vi sia alcun controllo da parte del tribunale.

 

Il piano attestato di risanamento è uno strumento consensuale per il risanamento delle imprese in crisi che si differenzia marcatamente sia dall’accordo di ristrutturazione dei debiti (ex articolo 182-bis L.F.) sia dal concordato preventivo (articolo 160 e seguenti L.F.). Esso, non può essere considerato una procedura concorsuale, perché non è in alcun modo previsto l’intervento o il controllo della procedura da parte del Tribunale e non è obbligatoriamente soggetto ad alcun regime pubblicistico. La ratio dell’istituto è quella di salvaguardare gli atti esecutivi posti in essere all’interno di un attendibile piano di risanamento aziendale, nel caso in cui il programma non raggiunga il successo sperato e si apra il successivo fallimento dell’imprenditore.

 

Per essere valido occorrono tre condizioni:

 

1) il piano deve permettere il risanamento dell’impresa in un tempo compreso tra i 3 e i 5 anni, sia dal punto di vista dell’esposizione debitoria che dal punto di vista della situazione finanziaria, e deve essere attestato da un professionista indipendente che deve accertare la veridicità dei dati e la fattibilità del piano;

 

2) può essere adottato da qualunque operatore economico assoggettabile al fallimento;

 

3) Deve garantire il regolare pagamento di tutti i creditori estranei all’accordo.

 

3)      Convenzione di moratoria

 

La convenzione di moratoria o accordo di moratoria è un nuovo istituto e, probabilmente, anche un nuovo strumento di soluzione o – meglio – prodromico alla soluzione della crisi d’impresa. Disciplinato dall’art. 182 septies l. fall. (e art. 67 Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) consiste in una convenzione fra l’impresa debitrice e una o più banche o intermediari finanziari, diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti nei confronti di una o più banche o intermediari finanziari. che il debitore può stipulare con le banche.

 

la convenzione di moratoria, ai sensi dell’articolo 182-septies, comma 5, ha la finalità di stabilizzare per un determinato lasso temporale, stabilito negozialmente, i rapporti con i creditori finanziari dell’impresa; pertanto, la convenzione di moratoria non è necessariamente collegata ad altri istituti regolati dalla legge fallimentare e può essere utilizzata preventivamente e funzionalmente alla sottoscrizione successiva:

 

-          di un piano attestato di risanamento, regolato dall’articolo 67, terzo comma, lett. d), L.F.;

 

-          di un accordo di ristrutturazione dei debiti, disciplinato dall’articolo 182-bis L.F.;

 

-          di un accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, disciplinato dall’articolo 182-septies L.F.;

 

-          di un concordato preventivo con continuità aziendale, diretta o indiretta;

 

-          di un concordato preventivo liquidatorio.

 

L’accordo di moratoria negoziato tra l’impresa debitrice ed una o più banche o intermediari finanziari aderenti, che rappresentino il settantacinque per cento dei crediti finanziari, produce effetti anche nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari non aderenti se questi siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede. Nell’accordo di moratoria non è prevista la attestazione da parte di un professionista circa la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, ma solo, secondo quanto previsto dall’articolo 182-septies, in merito alla attestazione circa l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati all’accordo di moratoria.

 

Tale accordo, inoltre, attestato da un professionista deve essere accettato da una maggioranza pari ad almeno il 75% dei crediti finanziari e, a differenza di quello "di ristrutturazione”, non sconta l'omologa.

 

* * * * *

 

Un cenno, infine, deve essere fatto, all’emergenza epidemiologica in atto, meglio nota come Covid-19, che ha comportato una vera e propria paralisi sociale, economica, processuale. Abbiamo assistito da marzo del corrente anno a numerose decretazioni d’urgenza messe a punto dal Governo per far fronte ad una situazione pandemica che, forse, può essere equiparata all’emergenza epidemiologica portata dall’influenza spagnola, conosciuta come la Spagnola o la Grande Influenza, che fu, appunto, una pandemia influenzale, insolitamente mortale, che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo. L’epidemia da Covid-19 ha, certamente, inciso sui crediti deteriorati e la loro gestione. Anzitutto, allo scopo di contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria, l’articolo 83, comma 2, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni in legge, ha disposto, per il periodo dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 (termine, quest’ultimo, poi prorogato all’11 maggio 2020 dal decreto legge 8 aprile 2020, n. 23), la sospensione del “decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”. La norma precisa che “si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l'adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali. Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto”.

 

A seguito di tale sospensione, dunque, le attività processuali hanno subito un vero e proprio arresto, tanto per quanto riguarda le tipiche attività connesse alle udienze, agli accessi negli uffici giudiziari, quanto per le attività connesse al deposito di atti e memorie, stante appunto la sospensione dei termini straordinaria a cui abbiamo assistito, senza dimenticare anche la sospensione dei termini relativamente alla prescrizione e alla decadenza.

 

Il comma 6 dell’articolo 83 cit. ha rimesso, inoltre, ai capi degli uffici giudiziari, per il periodo compreso tra il 12 maggio 2020 ed il 30 giugno 2020, l’adozione di “misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d'intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone”. Tali misure organizzative sono elencate nel comma 7 dell’articolo 83, e vanno dalla “limitazione dell'accesso del pubblico agli uffici giudiziari”, alla “limitazione dell'orario di apertura al pubblico degli uffici”, alla “regolamentazione dell'accesso ai servizi”, alla “adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze”, alla “celebrazione a porte chiuse” delle udienze pubbliche, alla “previsione dello svolgimento delle udienzecivili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto”, alla “previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020”, allo “svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”. Misure di contenimento che sono adoperate tutt’ora, tenuto conto che siamo ancora in piena emergenza epidemiologica.

 

Nel campo delle procedure esecutive immobiliari, ad esempiol’art. 54 ter della citata legge, ha previsto che, al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, fossero sospese, su tutto il territorio nazionale e per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, tutte le procedure esecutive di pignoramento immobiliare aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore.

 

Ed ancora nelle procedure in cui sia stata già disposta la vendita, l’avviso di gara dovrà essere emesso e pubblicizzato non prima del 1° novembre 2020 se si verte in ipotesi di abitazione principale, senza che sia necessario un provvedimento del giudice.

 

I provvedimenti di rilascio e sgombero dell’immobile potranno essere emessi solo dopo il 31 ottobre 2020 se l’immobile è abitazione principale del debitore e solo dopo il 1° settembre 2020 negli altri casi.

 

La conversione del pignoramento, cioè l’istanza con cui il debitore chiede di estinguere ratealmente il suo debito, in luogo dell’espropriazione dell’immobile, deve ritenersi consentita e non sospesa, in quanto si tratta di atto nell’interesse del debitore; sono tuttavia sospese le rate di conversione che scadono nel periodo dal 30 aprile al 31 ottobre 2020, pur rimanendo consentito il pagamento volontario.

 

Una ripresa delle attività si è avuta a decorrere poi dal mese di maggio/giugno del corrente anno ove abbiamo assistito all’adozione di provvedimenti autonomi nell’ambito dei singoli Tribunali che hanno riorganizzato le attività processuali, si pensi ad esempio al Tribunale di Roma e al provvedimento adottato dalla Dott.ssa Bianca Ferramosca Presidente della Quarta Sezione immobiliare che ha sostanzialmente disposto la <<ripresa delle attività rimaste bloccate per effetto dell’emergenza sanitaria e del prosieguo delle procedure potenzialmente interessate dall’art. 54 ter d.l 27 marzo 2020 n. 18 conv. con mod. nella l. n.  27/2020 nel settore delle esecuzioni immobiliari >>. Con tale provvedimento nell’ambito del Tribunale di Roma si è assistito ad esempio ad una lenta ripresa delle attività processuali, dando luogo ad esempio alla ripresa delle vendite telematiche, la ripresa di quelle analogiche, la trattazione delle procedure esecutive nelle quali non è stata ancora disposta la vendita.

 

Infine, ulteriori interventi normativi in ambito processuale si sono avuti con il decreto “Ristori” del 28 ottobre 2020, n. 269, nel quale sono state inserite anche norme dedicate al settore giustizia. Sono stati disposti, con gli articoli 23 e 24 del decreto, collegamenti da remoto per specifiche attività inerenti alle indagini preliminari e per lo svolgimento delle udienze in generale, oltre a particolari misure per semplificare il deposito di atti, documenti e istanze. È stato, ad esempio, stabilito che le udienze dei procedimenti civili e penali alle quali è ammessa la presenza del pubblico possono celebrarsi a porte chiuse, ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 128 del c.p.c. e dell'articolo 472, comma 3, del c.p.p.

 

O ancora è stato stabilito che il Giudice che si trovi in condizioni di quarantena o di isolamento fiduciario per Covid-19 può partecipare all’udienza anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario e ciò in deroga al disposto dell’articolo 221, comma 7, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.

 

Di particolare rilevanza poi è la disposizione che prevede nei procedimenti civili e penali le deliberazioni collegiali in camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge.

 

Stiamo vivendo un periodo molto delicato, difficile; lentamente si è cercato e si cerca di tornare alla normalità, seppur quotidianamente noi operatori del diritto dobbiamo fronteggiare e rispettare consuetudini attuate dai nostri Uffici Giudiziari che “disciplinano” l’accesso negli uffici e lo svolgimento delle udienze. Modalità e tempistiche che certamente frenano la giustizia ma che forse, in un momento cruciale come quello odierno, devono necessariamente essere intesi e intrepretati come una luce fioca in fondo al tunnel, ma comunque sempre una luce, un barlume di speranza. Con l’auspicio, insomma, che presto si ritorni alla nostra quotidianità e che noi, “avvocati di strada” nel senso più nobile del termine, potremo ritornare a popolare le aule e i corridoi degli Uffici Giudiziari.

 

 

 

§                      §                      §

 

 

 

* Glossario*

 

A)

 

-Agenzia di rating: agenzia che detiene un ruolo fondamentale nel giudicare se una società è in grado di pagare o meno i propri debiti. Valuta la solvibilità di un emittente e ne attribuisce un giudizio, sotto forma di voto, sulle capacità di generare risorse per far fronte agli impegni presi con i creditori. Ovviamente tale giudizio è sottoposto ad una revisione continua. Le agenzie di rating più riconosciute sono Standard &Poor’s e Moody’s e utilizzano una scala di valutazione che suddivide le obbligazioni in due categorie principali: Investment Grade e High Yield. I rating degli emittenti Investment Grade sono quelli compresi tra Aaa o AAA e Baa3 o BBB-. Per Standard &Poor’s, i rating Investment Grade includono AAA, AA+, AA e AA-. Le società che hanno rating in questa categoria hanno una capacità molto elevata di rimborsare i loro prestiti. La categoria successiva comprende le società con rating A+, A e A-. Si tratta di società che hanno una forte probabilità di ripagare i propri impegni finanziari. Queste società sono attualmente stabili e facilmente in grado di rimborsare i loro debiti. Il livello inferiore dei rating Investment Grade comprende BBB+, BBB e BBB-. Queste società sono vulnerabili a mutevoli condizioni economiche e potrebbero affrontare grandi sfide se le condizioni economiche dovessero peggiorare. Al momento del rating, tuttavia, queste società hanno dimostrato di poter far fronte ai loro obblighi verso i creditori. Gli investitori devono essere consapevoli del fatto che un’agenzia che declassa le obbligazioni di una società da ‘BBB-‘ a ‘BB+’ riclassifica il suo debito da Investment Grade a High Yield. Anche se si tratta solo di un calo del rating, le ripercussioni possono essere gravi. Questo declassamento significa che l’azienda potrebbe incontrare rapidamente difficoltà nel pagamento dei debiti, soprattutto se l’azienda è esposta negativamente a condizioni economiche, finanziarie e settoriali avverse.

 

Tra le obbligazioni High Yield con i rating più bassi ci sono i rating “C”, ossia obbligazioni con un elevato rischio di default e le obbligazioni con rating “D”, attualmente in default. Per compensare questo rischio, i rendimenti saranno tipicamente molto elevati.

 

-Asset-backed security – ABS: è uno strumento finanziario, un'obbligazione negoziabile o trasferibile emessa a fronte di operazioni di cartolarizzazione, garantita dagli attivi sottostanti. L'emissione avviene a opera di SPV create da banche, imprese o pubbliche amministrazioni.

 

B)

 

- Business plan: è un documento di sintesi che descrive un progetto imprenditoriale. Comprende: obiettivi, strategie, vendite, marketing e previsioni finanziarie. Adoperato nell’ambito delle attività di due diligence o di gestione dei portafogli di crediti, si compone di due parti, una parte descrittiva, nella quale si espongono i tratti salienti di ciò che è stato oggetto d’esame; e da una parte numerica (quantitativa) a carattere previsionale e con al suo interno proiezioni economiche e finanziarie relative alla business idea.

 

C)

 

- Cartolarizzazione dei crediti: è un’operazione finanziaria che trova la propria origine nella cessione di crediti ma che poi si completa attraverso la costituzione di titoli basati sui crediti stessi idonei ad essere emessi sul mercato finanziario. Di conseguenza una vera e propria complessa operazione finanziaria che non si traduce, quindi, in una semplice cessione di crediti.

 

- Crediti Forborne: Trattasi di crediti in bonis o deteriorati, oggetto di concessioni.

 

D)

 

- Due diligence: diligenza dovuta. L'attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all'oggetto di una trattativa. Il fine di questa attività è quello di valutare la convenienza di un affare e di identificarne i rischi e i problemi connessi, sia per negoziare termini e condizioni del contratto, sia per predisporre adeguati strumenti di garanzia, di indennizzo o di risarcimento.

 

F)

 

-Forbearance: modifiche alle condizioni del contratto originale della linea di credito concessa dalla banca al suo cliente.

 

-forboneperformingexposures: Concessioni che riguardano clienti in difficoltà finanziaria.

 

-non performingexposures with forbearancemeasures: Concessioni che riguardano clienti, o meglio, crediti in stato di deterioramento.

 

G)

 

-Gestione in house tout court: tecnica di gestione diretta dei deteriorati da parte della banca.

 

-Gestione outsoucing o servicinginterno: tecnica di gestione che prevede la creazione di un’entità ad hoc la quale, dotata di personalità giuridica e controllata direttamente dalla banca, si focalizza attentamente sulla gestione delle NPE.

 

-Gestione outsourcing o servicing esterno: tecnica di gestione con la quale la banca delega la gestione dei crediti deteriorati, per suo conto e in suo nome, ad un soggetto terzo.

 

I)

 

-Investment grade: indicatori della affidabilità di azioni o altri strumenti finanziari ritenuti degni di fede da investitori istituzionali.

 

N)

 

-Non performingexposure o NPE: esposizione che un istituto di credito ha verso i crediti inesigibili, chiamati anche crediti deteriorati.

 

-Non performingloans: Crediti /prestiti non performanti/ in sofferenza; crediti bancari la cui riscossione non è certa poiché i soggetti debitori si trovano in stato d'insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili.

 

P)

 

-Pricing: il valore economico attribuito a ciò che è oggetto di trattativa. Il pricing, ad esempio, è elemento fondamentale nel contesto delle attività di cessione dei crediti, quando si determina il prezzo della cessione del portafoglio di crediti. Ogni credito ceduto avrà un prezzo che sarà determinato all’esito dell’esame delle particolarità del credito stesso (es. credito ceduto afferente a persona fisica o giuridica, procedure giudiziarie in corso, garanzie che assistono la posizione ecc.).

 

R)

 

-Rating: è un metodo utilizzato per valutare sia i titoli obbligazionari, sia le imprese in base al loro rischio finanziario. Le valutazioni del rating sono emesse ad opera delle cosiddette agenzie di rating.

 

S)

 

-Servicer: è il soggetto incaricato della riscossione dei crediti ceduti, dei servizi di cassa e di pagamento nonché il soggetto che ha il compito di verificare e monitorare la rispondenza dell’operazione di cartolarizzazione alla normativa vigente e al prospetto informativo.

 

-Special PurposeVehicle o SPV: sono società, o altro soggetto giuridico diverso dalla banca, costituite per veicolare attività finanziarie cedute da terzi, in particolare con lo scopo di effettuare una o più cartolarizzazioni. L’attività svolta è diretta esclusivamente a veicolare attività finanziarie cedute da terzi. La struttura della società veicolo è volta a isolare le obbligazioni della società stessa da quelle del cedente. Le società per la cartolarizzazione sono regolate ex legge 130/1999.

 

U)

 

-Unlikely To Pay: situazioni di indebitamento non gravi e comunque recenti e che potrebbero essere temporanee. Tradotto in italiano, significa, improbabile che paghi.

 



[1]Sistema integrato delle segnalazioni periodiche che le banche devono trasmettere alla Banca d’Italia. La matrice dei conti è strutturata secondo un modello matriciale che utilizza modalità di rappresentazione dei dati ispirate allo schema logico di una tabella a doppia entrata, nella quale le righe rappresentano i fenomeni rilevati, mentre le colonne riportano i caratteri che li qualificano. Con il modello matriciale la struttura di una statistica viene, in essenza, definita dai seguenti elementi: l’oggetto della rilevazione, che costituisce il fenomeno di interesse preso in esame dall’indagine (p.e. i depositi bancari); le variabili di classificazione, cioè i criteri secondo i quali tale fenomeno è ordinato (p.e. la settorizzazione economica, l’articolazione geografica ecc.). Le caratteristiche enunciate rendono il modello particolarmente adatto alla descrizione di sistemi statistici complessi quali, per esempio, la situazione dei conti delle banche: esso permette infatti di rappresentare, secondo precise regole formali, qualsiasi tipo di rilevazione indipendentemente dalla natura dei suoi contenuti. La matrice dei conti viene prodotta da tutte le banche, indipendentemente dalle proprie peculiarità operative. La periodicità del flusso segnaletico è mensile; la frequenza delle informazioni varia da mensile ad annuale. I dati richiesti sono articolati in aree informative (sezioni) ulteriormente suddivise al loro interno, al fine di creare segmenti omogenei per contenuto e struttura delle informazioni trattate. Le prime tre sezioni (dati patrimoniali, partite viaggianti, dati informativi) e la settima (informazioni sull’andamento del conto economico) riguardano le unità operanti in Italia. La quarta sezione riguarda le unità operanti all’estero e accoglie dati di tipo patrimoniale e altre informazioni di dettaglio. Le sezioni quinta, sesta e ottava sono comuni a filiali italiane ed estere: esse prevedono, separatamente per ciascuno dei due gruppi di filiali, le rilevazioni su: a) esposizione paese, contenente elementi informativi per la conoscenza dei fondamentali rapporti attivi e passivi intrattenuti con i vari Stati esteri; b) dati di fine esercizio, consistenti nella riclassificazione dei dati patrimoniali sulla base delle valutazioni effettuate dai competenti organi aziendali in sede di bilancio; c) dati di conto economico, riguardanti i flussi di reddito e di costo, raccordati con le voci dello stato patrimoniale da cui esse hanno origine. La nona sezione ospita le informazioni per il calcolo del patrimonio utile ai fini di vigilanza e dei coefficienti prudenziali. La “matrice dei conti” si caratterizza per l’univocità della fonte: l’ampiezza delle informazioni in essa contenute consente infatti di soddisfare gran parte delleesigenze informative in materia di intermediazione creditizia.

[2] Altri importanti interventi in materia, nel panorama giuridico italiano sono i seguenti:

ü  Marzo 2017 BCE Linee Guida per le banche sui crediti deteriorati

ü  Gennaio 2018 Banca d’Italia Linee Guida per le banche lesssignificant in materia di gestione dei crediti deteriorati

ü  Marzo 2018 BCE Addendum alle Linee Guida Definisce le aspettative dell’Autorità di Vigilanza in merito agli accantonamenti prudenziali per le nuove NPE

ü  Luglio 2018 Comunicato stampa sulle aspettative di vigilanza riguardo gli accantonamenti per  le consistenze di NPE

ü  Aprile 2019 pubblicazione del Regolamento (2019 630 che modifica il Regolamento ( n 575 2013 per quanto riguarda la copertura minima delle perdite sulle esposizioni deteriorate (c d Prudential Backstop/ CalendarProvisioning)

ü  Agosto 2019 rivisitazione da parte della BCE delle aspettative di vigilanza in merito agli accantonamenti prudenziali per i nuovi crediti deteriorati in seguito alle modifiche del CRR

ü  Incidono nell’ambito dei crediti deteriorati anche le seguenti disposizioni normative:

-          D.L. 83/2015 convertito con L. 132/2015

-          D.L. 59/2016 convertito con L. 119/2016

-          Il Codice delle Crisi d’impresa e dell’insolvenza (D. lgs. 14/2019)

ü  Per facilitare la cessione di crediti deteriorati da parte delle banche italiane, la legge di conversione del 21 giugno 2017 n 96 del D L n 50 2017 ha introdotto importanti novità nella disciplina della cartolarizzazione dei crediti legge n 130 1999 à  concessione di finanziamenti finalizzati al miglior recupero del crediti ReoCO e cartolarizzazione di crediti deteriorati garantiti da immobili semplificazione delle cessione di crediti

ü  Ulteriori importanti innovazioni sono state introdotte con la legge 30 dicembre 2018 n 145 (c d Legge di Bilancio 2019 ) quali il finanziamento delle PMI da parte delle SPV, sia mediante la sottoscrizione da parte di queste ultime di strumenti di debito, sia attraverso l’erogazione c d “ di finanziamenti nuovo modello di cartolarizzazione “ all’articolo 7 (Altre operazioni) aspetti della disciplina preesistente relativa alle operazioni realizzate mediante la c d subparticipation (art 7 della Legge sulla Cartolarizzazione)

 

 

 

Lettera Aperta al Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma

 

Ill.mo Presidente,

 

in considerazione delle inevitabili restrizioni anche negli uffici giudiziari della Capitale, cagionate dall'aumento dei contagi da COVID19, visto lo stato di emergenza che si riverbera negativamente sulle attività quotidiane degli Avvocati, riteniamo doveroso mettere le nostre risorse a disposizione dell'Istituzione Forense più vicina ai propri iscritti e più sensibile alle loro problematiche.

 

Prendendo spunto dalla volontà di riattivare la “Consulta delle Associazioni” espressa in occasione della manifestazione dell'8/7/2020 organizzata avanti la Corte di Cassazione, siamo pronti a coadiuvare l'opera di controllo e di vigilanza che senza meno tutti i Consiglieri dell'Ordine degli Avvocati di Roma stanno ponendo in essere sull'attuazione concreta delle misure richieste dall'Avvocatura Romana attraverso Codesto Ill.mo Consiglio, per fronteggiare e superare l'emergenza da COVID19 negli Uffici Giudiziari della Capitale.

 

In particolare, ci riferiamo alle chiamate ad orario o a fasce orarie delle udienze penali, da estendere senza dubbio anche alle udienze civili e delle commissioni tributarie, volte ad evitare assembramenti di Avvocati, praticanti, periti, parti processuali nelle aule, nei corridoi o nelle sale di attesa.

 

Ci riferiamo alle udienze ed alle aperture delle cancellerie penali e civili nella fascia oraria pomeridiana fino alle 18,00, da contemperare con le udienze cartolari (o da remoto) e con lo smartworking del personale di cancelleria, volte a distribuire e diluire l'accesso di dipendenti e di Avvocati negli uffici giudiziari in un più ampio lasso di tempo, minimizzando, così, tempi di permanenza ed assembramenti e confidando, altresì, nella possibilità di lavorare proficuamente, anche da remoto, per il personale in lavoro agile.

 

Ci riferiamo alla riapertura di varchi, rimasti ingiustificatamente chiusi anche dopo il lockdown, da adibire a porte di accesso riservato a magistrati, personale ed Avvocati, per evitare assembramenti presenti ai varchi “unici” di entrata ed uscita di numerosi Uffici Giudiziari.

 

Ci riferiamo all'adozione delle misure di contenimento del contagio, previste dai Protocolli condivisi di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 14/3/2020 e del 24/4/2020, invocate recentemente dagli stessi lavoratori della Giustizia a Roma, da applicare uniformemente a tutti gli Uffici Giudiziari, allo scopo di tutelare la salute ed il lavoro dei dipendenti, dei magistrati e degli Avvocati, evitando gli “8 kg. di Linee Guida” per ogni Ufficio o Sezione e rendendo davvero sicuri gli Uffici Giudiziari della Capitale.

 

Si tratta di proseguire la leale e proficua collaborazione con i c.d. “Capi degli Uffici Giudiziari” in una condizione di parità e di dialogo volto a rendere concreta la “PERFORMANCE”, ai sensi del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, del Foro di Roma, grazie al contributo, al controllo ed alla vigilanza degli Avvocati, naturali punti di riferimento del comparto Giustizia Capitolino, sotto il coordinamento di Codesto Ill.mo Consiglio.

Per tali motivi, ribadiamo di essere pronti a dare il nostro sostegno e contributo concreto a far sì che lo sforzo di rendere concrete le misure già annunciate, quelle da realizzare e quelle previste dalle norme produca l'effetto di lasciare aperti gli Uffici Giudiziari della Capitale e di non far tornare in quarantena i diritti dei cittadini ed il lavoro degli Avvocati

 

Comitato Scientifico - Roma
29.10.2020
Licenziamenti: l’impatto dell’epidemia
di Avv. Andrea Balducelli

 

 

BLOCCO DEI LICENZIAMENTI

 

Fino al prossimo 31 dicembre, termine previsto dall’art 14 del DL. 104/2020 per godere dei previsti ammortizzatori Covid-19 e per fruire dall’esonero del versamento dei contributi previdenziali per le imprese che non fanno ricorso alla Cassa integrazione, vige il divieto di licenziamenti  collettivi e individuali per motivi economici.

 

Invero, si tratta di una ulteriore proroga del divieto: l’art. 46 del c.d. Cura Italia (D.L. n. 18/2020) aveva introdotto il divieto fino alla data del 17 maggio 2020; tale termine, in ragione del protrarsi dello stato di crisi e della conseguente situazione emergenziale, era stato successivamente prorogato con il Decreto c.d. Rilancio  (D.L. n. 34/2020) fino alla data del 17 agosto.

 

L’art. 1 del D.L. 104/2020 introduce un nuovo periodo di ammortizzatori sociali da utilizzare entro il 31 dicembre 2020 per un totale di 18 settimane, e dall’altra parte all’art. 3 una agevolazione contributiva per un periodo massimo di 4 mesi fruibili sempre entro il 31 dicembre per i datori di lavoro che non utilizzeranno il nuovo periodo di ammortizzatori sociali. Contestualmente, l’art. 14 del DL ha prorogato a far data dal 15 agosto 2020, il divieto di licenziamento mitigandone al contempo la rigidità con la previsione che, a certe condizioni, i datori di lavoro possano non rispettarlo.

 

In particolare, per non rientrare nel divieto, i datori di lavoro:

 

·           debbono aver integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all'emergenza epidemiologica da Covid-19 di cui all'art. 1 del medesimo decreto. (di 18 settimane complessive collocate nel periodo compreso tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020);

 

·          ·oppure debbono aver integralmente fruito dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali. Questo sgravio è riconosciuto, per un massimo di 4 mesi, esclusivamente ai datori di lavoro che abbiano fruito di cassa integrazione a maggio e giugno 2020 ma che non abbiano fatto ricorso agli ammortizzatori ex DL 104/2020.

 

La norma ha suscitato non poche polemiche e perplessità tra gli addetti ai lavori in quanto sembrerebbe andare a penalizzare le imprese che hanno fatto un utilizzo più contenuto delle risorse pubbliche e che si vedono, nonostante ciò, fortemente limitate nelle scelte imprenditoriali.

 

Altra novità introdotta dal D.L. n. 104/2020 è un elenco di casistiche, che mancava nei precedenti provvedimenti, in cui il datore può legittimamente procedere con i recessi, a prescindere dall’integrale fruizione dei trattamenti di integrazione salariale o dell’esonero contributivo.

 

Le casistiche sono le seguenti:

 

a)      licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell'attività con liquidazione della società senza alcuna continuazione dell'attività;

 

b)      nel caso di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo;

 

c)      in caso di fallimento ove non venga previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa ma se ne disponga la cessazione.

 

Casi di esclusione dal divieto di licenziamento

 

Non rientrano del blocco dei licenziamenti le ipotesi di:

 

1-      licenziamento disciplinare, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo;

 

2-      licenziamento per raggiungimento del limite massimo d’età per la pensione di vecchia;

 

3-      licenziamento per superamento del periodo di comporto;

 

4-      licenziamento dei dirigenti;

 

5-      licenziamento durante o al termine del periodo di prova;

 

6-      licenziamento dei collaboratori domestici (libera recedibilità sempre);

 

7-      cessazione del rapporto di lavoro dei collaboratori coordinati e continuativi (il divieto riguarda solo rapporti di lavoro subordinato);

 

8-      risoluzione del rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo.

 

 

 

In Appendice 1 viene offerta la raccolta delle norme citate nel presente lavoro.

 

 

Appendice 1

 

ARTICOLI CITATI IN MATERIA DI LICENZIAMENTI: DECRETO-LEGGE 14 AGOSTO 2020, N. 104 -MISURE URGENTI PER IL SOSTEGNO E IL RILANCIO DELL'ECONOMIA

 

Art. 1

 

NUOVI TRATTAMENTI DI CASSA INTEGRAZIONE ORDINARIA, ASSEGNO ORDINARIO E CASSA INTEGRAZIONE

 

IN DEROGA

 

1. I datori di lavoro che, nell'anno 2020, sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi

 

riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione dei trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n.18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modificazioni, per una durata massima di nove settimane, incrementate di ulteriori nove settimane secondo le modalità previste al comma 2. Le complessive diciotto settimane devono essere collocate nel periodo ricompreso tra il 13 luglio 2020 e il 31 dicembre 2020. Con riferimento a tale periodo, le predette diciotto settimane costituiscono la durata massima che può essere richiesta con causale COVID-19. I periodi di integrazione precedentemente richiesti e autorizzati ai sensi del predetto decreto-legge n. 18 del 2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020 sono imputati, ove autorizzati, alle prime nove settimane del presente comma.

 

2. Le ulteriori nove settimane di trattamenti, di cui al comma 1, sono riconosciute esclusivamente ai

 

datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di nove settimane, decorso il periodo autorizzato. I datori di lavoro che presentano domanda per periodi di integrazione relative alle ulteriori nove settimane di cui al comma 1 versano un contributo addizionale determinato sulla base del raffronto tra il fatturato aziendale del primo semestre 2020 e quello del corrispondente semestre 2019, pari:

 

a) al 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non

 

prestate durante la sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, per i datori di lavoro che hanno avuto una riduzione del fatturato inferiore al venti per cento;

 

b) al 18 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato.

 

3. Il contributo addizionale non è dovuto dai datori di lavoro che hanno subito una riduzione del

 

fatturato pari o superiore al 20 per cento e per coloro che hanno avviato l'attività di impresa successivamente al primo gennaio 2019.

 

4. Ai fini dell'accesso alle ulteriori nove settimane di cui al comma 2, il datore di lavoro deve presentare all'INPS domanda di concessione nella quale autocertifica, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445, la sussistenza dell'eventuale riduzione del fatturato di cui al comma 3. L'INPS autorizza i trattamenti di cui al presente articolo e, sulla base della autocertificazione allegata alla domanda, individua l'aliquota del contributo addizionale che il datore di lavoro è tenuto a versare a partire dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell'integrazione salariale. In mancanza di autocertificazione, si applica l'aliquota del 18 per cento di cui al comma 2, lettera b). Sono comunque disposte le necessarie verifiche relative alla sussistenza dei requisiti richiesti e autocertificati per l'accesso ai trattamenti di integrazione salariale di cui al presente articolo, ai fini

 

delle quali l'INPS e l'Agenzia delle entrate sono autorizzati a scambiarsi i dati.

 

 

 

Art. 3

 

ESONERO DAL VERSAMENTO DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI PER AZIENDE CHE NON RICHIEDONO TRATTAMENTI DI CASSA INTEGRAZIONE

 

1. In via eccezionale, al fine di fronteggiare l'emergenza da COVID-19, ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di cui all'articolo 1 del presente decreto e che abbiano già fruito, nei mesi di maggio e giugno 2020, dei trattamenti di integrazione salariale di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n.18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 e successive modificazioni, ferma restando l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, è riconosciuto l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale già fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'INAIL, riparametrato e applicato su base mensile. L'esonero di cui al presente articolo può essere riconosciuto anche ai datori di lavoro che hanno richiesto periodi di integrazione salariale ai sensi

 

del predetto decreto-legge n. 18 del 2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020.

 

2.  Al datore di lavoro che abbia beneficiato dell'esonero di cui al comma 1, si applicano i divieti di cui all'articolo 14 del presente decreto.

 

3. La violazione delle disposizioni di cui al comma 2 comporta la revoca dall'esonero contributivo

 

concesso ai sensi del comma 1 del presente decreto con efficacia retroattiva e l'impossibilità di presentare domanda di integrazione salariale ai sensi dell'articolo 1.

 

4. L'esonero di cui al presente articolo è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di

 

finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.

 

5. Il beneficio previsto al presente articolo è concesso ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19» e nei limiti ed alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione. L'efficacia delle disposizioni del presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea.

 

6. Agli oneri derivanti dal presente articolo valutati in 363 milioni di euro per l'anno 2020 e in 121,1

 

milioni di euro per l'anno 2021 si provvede ai sensi dell'articolo 114.

 

Art. 14

 

PROROGA DELLE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LICENZIAMENTI COLLETTIVI E INDIVIDUALI PER

 

GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO

 

1. Ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale

 

riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all'articolo 1 ovvero dell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all'articolo 3 del presente decreto resta precluso l'avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresì sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.

 

2. Alle condizioni di cui al comma 1, resta, altresì, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all'articolo 7 della medesima legge.

 

3. Le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell'attività dell'impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell'attività, nei caso in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d'azienda o di un ramo di essa ai sensi dell'articolo 2112 c.c., ovvero nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, a detti lavoratori è comunque riconosciuto il trattamento di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresì esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l'esercizio provvisorio dell'impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione.

 

Nel caso in cui l'esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell'azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

 

4. Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nell'anno 2020, abbia

 

proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, può, in deroga alle previsioni di cui all'articolo 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta mento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.